Mistero del Senato: chi sta nel “partito di La Russa”?

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Chi fa parte del partito di La Russa? No, non stiamo parlando di Fratelli d’Italia ma di quei 17 senatori dell’opposizione che ieri hanno dato il loro voto al neo presidente di Palazzo Madama; garantendogli così un’elezione altrimenti a rischio in virtù della protesta dei senatori forzisti che hanno disertato il voto per mandare un segnale di sfiducia a Giorgia Meloni per i veti posti sulla formazione del governo.

E adesso è caccia ai “traditori” con reciproche accuse fra Pd, M5S e Terzo Polo. Il bello è che tutti assicurano di aver votato scheda bianca e che il soccorso è arrivato dagli altri. E tutti ne approfittano per screditarsi a vicenda e accreditarsi come unica opposizione seria e responsabile.

Andiamo ad analizzare tutte le possibili ipotesi in campo.

Servivano 104 voti per eleggere La Russa al primo scrutinio. Sulla carta la maggioranza di centrodestra è di 115 ma 16 senatori di Forza Italia non hanno risposto all’appello. Hanno votato soltanto Silvio Berlusconi ed Elisabetta Alberti Casellati per senso di responsabilità. Magicamente però a La Russa sono arrivati circa 17 voti esterni.

La prima ipotesi è che la seconda carica dello Stato abbia 17 estimatori fra le varie forze di opposizione, 17 senatori che in totale autonomia hanno votato per lui soltanto in segno di stima e amicizia. Ma 17 voti forse sono un pò troppi. Quindi è più che legittimo pensare che ci sia stato un soccorso studiato a tavolino. Da chi?

I maggiori indiziati sono i senatori di Azione e Italia Viva: innanzitutto perché, schiacciati fra Pd ed M5S rischiano di restare a bocca asciutta con le vicepresidenze del Parlamento e con le presidenze delle commissioni di garanzia che di norma vengono assegnate ad esponenti dell’opposizione, vedi il Copasir e la Vigilanza Rai. Si fa strada il sospetto di possibili accordi fra Renzi e Calenda da una parte e Meloni dall’altra per avere il soccorso di Fratelli d’Italia quando appunto si andranno ad eleggere i posti chiave dell’opposizione visto che Pd ed M5S non sembrano intenzionati a lasciare grande spazio ai centristi. Renzi ha subito smentito che il soccorso possa essere arrivato dalle loro fila, dichiarando che se fosse stato lui il regista dell’operazione avrebbe avuto tutto l’interesse a rivendicarlo. Ma è altrettanto vero che non è importante farlo sapere all’opinione pubblica, basta lo sappia la Meloni se tutto è davvero propedeutico ad un patto con il centrodestra su altre partite. Ad ogni modo, anche se tutti i senatori del Terzo Polo avessero votato per La Russa i conti non tornerebbero comunque perché Iv e Azione dispongono di nove senatori. Quindi almeno altri otto voti sono arrivati da altre parti. Dal gruppo misto? Da singoli senatori del Pd e del M5S che simpatizzano per La Russa?

Seconda ipotesi: i voti potrebbero essere arrivati dai senatori del M5s? A che pro? Per screditare le altre opposizioni come del resto i contiani hanno fatto immediatamente, presentandosi davanti alle telecamere, dando per scontato che nessun senatore pentastellato può aver soccorso La Russa e che quindi Pd e Terzo Polo sono inaffidabili. In più è logico che i sospetti ricadano immediatamente su Renzi visto che Iv non ha avuto difficoltà in alcuni casi ad allearsi con il centrodestra alle amministrative. In più c’è chi fa notare che diversi senatori 5S si sarebbero trattenuti nel catafalco per un lasso di tempo ritenuto eccessivo per piegare una scheda senza scrivere nulla e riporla bianca nell’urna. Proprio perché i 5S sono i meno sospettati e quelli che hanno urlato di più allo scandalo dopo il voto, non è escluso che ci si possa trovare di fronte ad una strategia mirata ad acquisire maggiore credibilità agli occhi dell’elettorato di sinistra, rivendicando l’originale purezza e accusando gli altri di essere pronti agli inciuci con la maggioranza. Ipotesi fantascientifica? Può darsi, ma in politica tutto è permesso, ancora di più quando c’è un segretario del Pd, Letta, che invoca l’unità di tutte le forze di opposizione. Quale migliore occasione per ribadire l’inaffidabilità degli altri e chiamarsi fuori?

Terza ipotesi è quella di un ammutinamento dem contro Enrico Letta che non a caso ha commentato quanto accaduto con toni severi, quasi apocalittici, parlando di fatto grave per aver tolto le castagne dal fuoco alla maggioranza divisa e aver favorito l’elezione di La Russa dopo l’intervento marcatamente antifascista di Liliana Segre. Apparentemente indirizzato verso M5s e Terzo Polo, sembrava invece molto più rivolto all’interno del partito considerando appunto che, pallottoliere alla mano, i voti renziani e calendiani sarebbero soltanto una parte di quelli arrivati a La Russa. I sospetti sono ricaduti sull’ex ministro Dario Franceschini uno dei più critici verso la gestione delle alleanze elettorali da parte di Letta e che secondo i rumors punterebbe a fare il vice di La Russa. Lui però ha replicato sdegnato alle voci messe in giro dalle parti di Italia Viva e dallo stesso Renzi come riportato da Il Fatto Quotidiano, il quale chiamato in causa ha rigettato la palla nel campo del suo ex partito indirizzando i sospetti proprio sull’ex ministro della Cultura. Del resto il Pd ha una lunga storia di franchi tiratori come sapeva molto bene il compianto Franco Marini e come sa molto bene Romano Prodi, entrambi impallinati nella corsa al Quirinale del 2013 dal fuoco amico.

La quarta ipotesi è che i voti possano essere arrivati da dissidenti tanto del Pd che del M5S, una sorta di fuoco concentrico, magari insoddisfatti per la gestione del post elezioni, i criteri per la scelta dei capigruppo, dei vicepresidenti, dei questori ecc. o per altre dinamiche interne e hanno voluto in questo modo sparigliare le carte e i giochi.

Di certo la corsa alle smentite e ad accusare gli altri all’insegna del più classico “excusatio non petita, accusatio manifesta” alla fine fa sospettare di tutti, ad iniziare proprio da chi si è mostrato più sdegnato degli altri. E’ certo che quando si è saputo che Forza Italia non avrebbe partecipato al voto qualcuno ne ha approfittato, e resta da capire soltanto perché e per quale tipo di strategia. Tanto alla fine la presidenza del Senato sarebbe andata comunque a La Russa visto che Forza Italia sarebbe rientrata nei ranghi già dalla votazione successiva, e quindi perché non sfruttare la situazione? A proprio vantaggio o per acuire le tensioni nel centrodestra in vista della formazione del governo? Magari per irretire ancora di più il malcontento degli azzurri offrendo alla Meloni un salvacondotto per non dover scendere a patti con Berlusconi e accettare le sue condizioni in cambio di La Russa presidente? E dalle reazioni irritate del leader forzista, che si è visto escludere definitivamente dalla squadra dei ministri la fedelissima Ronzulli sgradita alla premier in pectore, il gioco parrebbe pure riuscito.

Tutte ipotesi che si rincorrono in queste ore ma che naturalmente non trovano conferma se non negli scambi di accuse. Forse qualcosa di più chiaro emergerà nei prossimi giorni quando si capirà se il favore fatto a La Russa ieri sarà debitamente ripagato. Perché alla fine tutti i nodi necessariamente dovranno arrivare al pettine.

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