Berlusconi viet cong: Forza Italia va alla guerriglia

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L’uscita da guastatore di Silvio Berlusconi su «Putin uomo di pace» e sullo scambio di bottiglie e «lettere dolcissime» con il presidente russo non ha bisogno di chiavi di lettura particolarmente sofisticate. Il vecchio leader di FI vuole chiaramente mettere in difficoltà Giorgia Meloni sul delicato fronte dei rapporti internazionali mentre le trattative per la formazione del governo stanno entrando nella fase decisiva e finale.

Forza Italia non ha affatto rinunciato al ministero della Giustizia, come lo stesso Berlusconi ha fatto intendere quando ha affermato che la leader di FdI gli avrebbe detto di essere d’accordo a occupare quella delicata casella con l’ex-presidente del Senato Elisabetta Casellati, parlamentare di FI nonché persona legata da amicizia al Cavaliere.

Su questo punto però, in base a quello che arriva da via della Scrofa, la Meloni non sembra intenzionata a transigere. Ed è facile immaginare che l’andata a Canossa di Silvio sia servita solo a scongiurare gli esiti più disastrosi della guerra personale tra lui e Giorgia, conflitto che, a quanto pare, potrebbe durare anche a lungo, costituendo un fattore di debolezza del costituendo esecutivo Meloni.

Insomma, ci troviamo di fronte a un Berlusconi che ha deciso la via della guerriglia nei confronti della sua alleata-rivale? Un Berlusconi viet cong, per usare la metafora del Vietnam, spesso utilizzata per indicare l’azione di boicottaggio politico-parlamentare nei confronti di un governo e di una maggioranza?

Dichiarazioni incendiarie a parte, non lascia prevedere nulla di buono il fatto che il Cav abbia deciso di imporre Licia Ronzulli e Alessandro Cattaneo alle presidenze dei gruppi parlamentari di Forza Italia, rispettivamente al Senato e alla Camera. È lì infatti, nei gruppi, che viene organizzata e gestita la guerriglia parlamentare. Ed entrambi i capigruppo sono “falchi”, con la Ronzulli che ne viene addirittura indicata come il capo.

La preferenza di Berlusconi per gli irriducibili risulta anche dal fatto che le dichiarazioni filo-Putin del Cav mettono anche in serio imbarazzo Antonio Tajani nella sua corsa a occupare la poltrona di ministro degli Esteri. Come potrebbe mai, il prossimo capo della Farnesina, rassicurare i circoli atlantici se il suo partito politico di provenienza viene iscritto alla schiera dei “reprobi” filorussi? Della due l’una: o il ministro cambia partito o si cambia proprio ministro.

Ma i problemi della Meloni potrebbero anche non finire lì, perché c’è sempre il rischio che si risvegli il “vulcano Lega”, come lascerebbero a intendere le dichiarazioni contro le sanzioni alla Russia venute dal presidente della Camera  Lorenzo Fontana  appena eletto. Anche in questo caso l’immagine “atlantica” del governo in gestazione risulta scalfita. Ma è probabile che l’uscita di Fontana sia un segnale di nervosismo del Carroccio per le difficoltà recentemente insorte sull’assegnazione del ministero dell’Agricoltura, fortemente voluto dai salviniani.

Può darsi che l’accenno di nervosismo leghista rientri quando sarà definita la squadra di governo. Certo è però che il tempo stringe. Per risolvere tutti i problemi, alla Meloni mancano solo tre giorni. Dopodiché, se la lista non fosse ancora pronta, il governo nascerebbe già con l’handicap del ritardo, per la gioia dei gufi e per il disdoro dei “patrioti”. Comunque a rimetterci sarebbero soprattutto gli italiani, i quali, in un momento drammatico, non potrebbero contare sulla partenza a razzo del loro nuovo governo.

La voglia di vendetta del Cavaliere ferito nell’orgoglio potrebbe al dunque guastare la vittoria della Meloni. Tutto dipenderà da come Giorgia saprà riportare la tranquillità nella sua coalizione senza, contemporaneamente, incrinare l’immagine di “lady di ferro” che si è meritatamente conquistata in questi giorni.

La premier in pectore potrebbe ad esempio minacciare le elezioni anticipate in caso di fallimento delle trattative. In quel caso la guerriglia del Cavaliere sfocerebbe in una guerra atomica. E la prima a rimetterci sarebbe Forza Italia, che rischierebbe seriamente di rimanere polverizzata.

 

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