Lettera aperta all’individuo che ha minacciato Meloni

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Individuo X, non intendo qualificare in altro modo chi, come lei, ha commesso una bassezza tanto infame e criminale nel minacciare di morte la premier e la figlia in nome del reddito di cittadinanza, del quale, presumo, lei sia beneficiario.

Sono costretto a inviarle codesta lettera (nutrendo per la verità forti dubbi sulla sua capacità di intenderne il contenuto) per il semplicissimo motivo che l’atto abietto da lei commesso ha suscitato, pur tra tante giuste e necessarie condanne, anche commenti impropri, parole in libertà che in qualche, indiretto modo avallano il suo atto criminale (di tipo comune, sia chiaro, non politico) con il ricorso a un inopportuno giustificazionismo sociale.

Non è quindi a lei che, in realtà, mi rivolgo, ma a personaggi come Giuseppe Conte, il quale ha detto cose sostanzialmente pericolose a corredo della di lui, scontata, esecrazione. Dopo aver espresso una «ferma condanna senza se e senza ma» del suo gesto infame (e ci mancherebbe altro) ha anche affermato che «il disagio esiste» e che c’è l’«esigenza di non pensare all’interesse di chi ha già tanto, ai privilegiati, e volgere invece lo sguardo da un’altra parte». Conte si doveva fermare alla condanna. Aggiungere, in quel contesto, certe considerazioni vuol dire, di fatto, incitare all’odio di classe.

Il fatto è che il nostro Paese (sarà il clima, sarà la storia, chissà) offre un terreno particolarmente fertile alla crescita della malapianta dell’odio politico-sociale. I frustrati, gli arrabbiati, i livorosi, i disperati trovano da sempre un comodo bersaglio contro cui indirizzare i propri furori. È l’atavica ricerca del capro espiatorio, che da noi si combina però  con certo buonismo di impronta umanitaria, creando una miscela che può risultare esplosiva. Per certe, italiche anime belle, il violento non è mai solo da condannare, ma anche da “capire” nelle sue “motivazioni”. Perché spesso si tratta di un “oppresso” e di una “vittima” della società “cattiva”. E le conseguenze sono  facili da immaginare: quando il violento si vede giustificato,  può essere indotto a diventare ancora più violento e a fare da modello ad altri violenti.

Di questo meccanismo perverso abbiamo avuto diretta e triste esperienza oltre 40 anni  fa, nella  stagione degli anni di piombo. Gli aspiranti guerriglieri erano coccolati e riveriti in certi salotti snob e presso certa intellighenzia “impegnata”, che era all’epoca formata da scrittori, giornalisti ed esponenti del mondo del cinema. Clamoroso il caso del pur bravo Gian Maria Volontè, il quale figurava tra i finanziatori di Potere Operaio, gruppo di estrema sinistra dentro cui si sarebbero formati numerosi brigatisti. Basterà dire che il Volonté offrì la sua barca a vela a Oreste Scalzone (inseguito dalla giustizia italiana) per espatriare in Francia.

Molti diranno: che c’entrano gli anni di piombo con gli anni di latta che stiamo vivendo oggi? C’entrano, perché il vizio di giustificare i violenti non ha mai abbandonato certa stampa. Anche in anni recenti, per dirne una, i teppisti incappucciati che sfondavano bancomat e vetrine erano definiti i “ragazzi” dei centri sociali.

E veniamo a lei, Individuo X. Lei minaccia la premier perché – presumo – vorrebbe continuare percepire diverse centinaia di euro al mese senza fare niente. Nel suo caso, la  colpa originaria consiste nel considerare un diritto ciò che diritto non è: quello appunto di essere mantenuto dallo Stato senza industriarsi a cercare un’occupazione e affrancarsi dalla condizione di cittadino di serie B. E sì perché il lavoro è un valore in sé, tanto da essere posto in cima agli articoli della nostra Costituzione. Lavoro e cittadinanza sono strettamente connessi. E il reddito è la conseguenza naturale di questo binomio, non certo una variabile indipendente, come qualcuno le avrà fatto credere.

Sembra anche che lei abbia 27 anni. Ed è questo sicuramente, se confermato, l’aspetto più triste della sua storia. Perché, a 27 anni, si ha il dovere, non solo il diritto, di costruirsi un vita. A 27 anni si ha la forza e la capacità per farlo, anche se si vive in una zona povera e con poche opportunità. Tutto è meglio che passare le giornate al bar ad aspettare un’occasione che non verrà mai. Perché le occasioni di vita vanno sapute cercare e poi creare.

Non so come andrà a finire la sua storia. Spero solo che lei trovi un pm e un giudice che la puniscano come merita. Sarà per lei una preziosa lezione di vita. Per lei. E per tutti quelli che non hanno ancora imparato a vivere.

 

 

 

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