Coppia, perchè è il vero nucleo della famiglia

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La modernità dimostra che il primo nucleo della società non è più la famiglia, ma la coppia. Se la coppia soffre, la famiglia e il tessuto sociale vanno crisi con i casi estremi di cui sono piene le cronache quotidiane. Gli studi sociologici in merito di moltiplicano e narrano di sempre più coppie scoppiate e di numerose altre in fase di rottura. Il consulente familiare Raffaello Rossi ha dedicato gli ultimi quindici anni a una ricerca-sperimentazione che ha coinvolto 500 coppie.

Rossi, per due mandati presidente nazionale dell’Associazione Italiana dei Consulenti Coniugali e Familiari, è direttore di una delle scuole per consulenti familiari, il Cecofas di Padova e “Coppie scoppiate o coppie scoppiettanti”, è il saggio scaturito dal suo lungo studio. Tra i motivi che gli hanno fatto adottare il metodo di lavoro c’è la constatazione della fragilità di tanti percorsi con le coppie, il cui successo o la cui tenuta nel tempo erano elemento critico. «Grazie a questi percorsi – spiega Rossi – il 71% (pari a 355 coppie) hanno raggiunto gli obiettivi che si erano prefissati all’inizio con un miglioramento della relazione di coppia».

Tra i maggiori problemi riscontrati nel lavoro di consulenza, la crescita della percezione della mancanza o della cosiddetta perdita del “noi”. Al primo posto restano i problemi di comunicazione. Il 72% delle coppie chiede un aiuto per chiarirsi, comprendersi. Spesso si parlano lingue diverse, ci si fraintende o non si comunica quasi più, rifugiandosi anche in silenzi ostinati e oppositivi. Al secondo posto è salita la percezione della mancanza o della perdita del “noi”. Quando nella coppia ci si limita a un “io” e un “tu” nascono le tensioni o le contrapposizioni, si alzano muri e si vive un senso di esclusione, rifiuto o abbandono. «Soprattutto dopo il confinamento dovuto alla pandemia – aggiunge Rossi – nelle famiglie c’è un forte bisogno educativo, sia nella vita di coppia sia nel rapporto con i figli. Spesso le domande dei genitori rimangono senza risposte. La figura del consulente è appunto quella di un professionista socioeducativo che può accompagnare tutto il ciclo della vita familiare».

Ma come stabilire se la persona o la coppia ha bisogno di un aiuto socioeducativo, quello offerto dal consulente, oppure deve rivolgersi allo psicologo o allo psicoterapeuta per un sostegno di tipo clinico? «Il consulente familiare – risponde Rossi – ha a disposizione alcuni indicatori per valutare se la persona ha una identità con confini stabili e può affrontare problemi anche importanti mettendosi in discussione, oppure se il suo ‘io’ mostra ferite, si rivela fragile e c’è quindi la necessità, per esempio, di scavare nell’inconscio, un compito per cui è necessario l’intervento dello psicanalista o dello psicoterapeuta».

Se la questione può essere affrontata dal consulente la terapia si sviluppa in tre fasi: focalizzazione del problema, personalizzazione e attivazione, fasi che possono condurre in un tempo abbastanza limitato alla risoluzione delle difficoltà, alla successiva tranquillità della persona, alla possibilità che si possa rimettere in relazione con gli altri.

«Il cuore dell’intervento – sottolinea Rossi – è la personalizzazione. Le persone vorrebbero risolvere i loro guai pretendendo un cambiamento da parte degli altri familiari. Il consulente cerca di far comprendere ai pazienti che il problema si può risolvere senza cambiare l’altro, per questo è necessario migliorare la loro consapevolezza. Spesso dietro a un disagio, a una difficoltà, a situazioni che paiono insolubili c’è solo un difetto di comunicazione».

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