Terremoto in Turchia e Siria: crescono vittime e polemiche

4 minuti di lettura

Si aggrava pesantemente il bilancio delle vittime del tragico terremoto che ha devastato Turchia e Siria. Secondo fonti ufficiali i morti accertati sarebbero oltre 16.000, una vera e propria strage aggravata nelle ultime ore dalle difficoltà con cui si sta cercando di estrarre le persone ancora vive sotto le macerie.

Ai morti si aggiungono inoltre almeno 62.914 feriti nella sola Turchia. In Siria invece circa 298.000 persone sarebbero rimaste senza casa, ma si tratterebbe di una cifra approssimitativa perché riguarderebbe soltanto le zone controllate dal governo di Damasco e non le altre in mano ai ribelli.

L’Ansa riporta le dichiarazioni di Samuele Pacchi, infermiere toscano partito per portare soccorso in Turchia che descrive la drammaticità della situazione. “La situazione è drammatica e le richieste di aiuto tantissime: siamo costretti a scegliere chi salvare sulla base di dati oggettivi – ha rivelato – Sono scene disperate: le persone si inginocchiano, piangono e ci implorano di intervenire. Diventa davvero difficile dire di no, ma purtroppo siamo costretti a dover fare una scelta e dobbiamo per forza concentrarci di più sui dati oggettivi, come le voci da sotto le macerie oppure se uno dei nostri cani dei vigili del fuoco sente una scia”.

Ad aggravare la situazione le condizioni climatiche e le temperature estremamente rigide che rendono gli interventi molto più complicati del previsto. Tuttavia in queste ore sono stati tanti i salvataggi soprattutto di bambini. Come riporta sempre l’Ansa “una bimba di 18 mesi è stata estratta viva dalle macerie dopo più di 56 ore dal sisma nella provincia di Kahramanmaras, nel sud della Turchia. Una bambina di circa 8 anni è stata salvata dopo essere rimasta intrappolata per 40 ore a Salqin, in Siria. Ad Hatay, in Turchia, un bambino di otto anni è stato salvato dalle macerie dopo circa 52 ore”. I soccorritori, mentre cercano di estrarre i piccoli dai cumuli di macerie, tentano anche di distrarli come meglio possono, facendoli cantare o giocare per lenire loro le sofferenze.

Le polemiche in Turchia

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha dovuto riconoscere parecchie carenze nella gestione dei soccorsi, partiti con notevole ritardo. Lo stesso presidente recatosi sui luoghi della tragedia in qualche modo ha dovuto chiedere scusa per tutto ciò che non ha funzionato, ma ha altresì garantito che adesso la macchina è partita in maniera efficiente e che quindi le polemiche non hanno motivo di continuare. Le opposizioni però ci vanno giù dure, e il dissenso politico in queste ore è cresciuto enormemente, soprattutto sui social dove maggiormente sono stati denunciati i ritardi e le inefficienze. «Questo è il momento dell’unità, della solidarietà. In un periodo come questo, non posso sopportare le persone che conducono campagne negative per interesse politico» ha detto Erdogan certamente preoccupato per quanto avvenuto, ma anche forse per la sua popolarità che già prima del sisma era significativamente in calo. E adesso il presidente turco teme che le inefficienze  di questi giorni, che lo hanno portato a fare mea culpa, possano in qualche misura minare ulteriormente la fiducia nei suoi confronti.

Così, come già avvenuto in passato in altre situazioni delicate, il governo ha imposto limitazioni ai social, soprattutto a Twitter dove sarebbero circolate le critiche maggiori, e la polizia avrebbe fermato una ventina di persone accusate di aver pubblicato post provocatori. Non è il momento delle polemiche certo, ma se la macchina dei soccorsi non ha funzionato c’è poco da fare, il governo ne dovrà rispondere. Ma anche in queste ore drammatiche Erdogan ha trovato il pretesto per limitare la libertà di espressione e il diritto di critica, e non è da escludere che adesso il terremoto non diventi l’ennesimo pretesto per reprimere il dissenso politico e imbavagliare la stampa ostile.

SIRIA

Qui la situazione è ancora più complessa, perché le zone colpite dal sisma sono in parte sotto il controllo del governo di Bashar al-Assad e in parte controllate dai ribelli anti-governativi. In più la Siria è da anni sotto sanzioni ed embargo da parte dell’Occidente che accusa Assad di crimini contro il suo popolo commessi con l’utilizzo di armi chimiche, accusa che però da Damasco hanno sempre negato.

Nelle ultime ore si è molto discusso sull’invio di aiuti alla Siria, ancora di più dopo che la figlia di Assad con un post aveva invitato a non prestare soccorso nelle zone controllate dai ribelli, che l’Occidente descrive come “moderati” ma che invece le comunità cristiane presenti in Siria denunciano essere dei pericolosi estremisti. Ma è accettabile prestare ogni aiuto possibile alla Turchia perché è un Paese Nato e abbandonare al proprio destino i siriani? Eppure è stato così, con 45 paesi in tutto il mondo che si sono immediatamente messi in contatto con il governo di Erdogan per offrire aiuti alla Turchia dimenticando la Siria.

Soltanto ieri la situazione è sembrata sbloccarsi con la richiesta di aiuto di Assad all’Unione Europea e con la garanzia che gli aiuti saranno distribuiti anche nelle zone controllate dalle opposizioni.

I media occidentali hanno puntato il dito contro Assad accusandolo di voler approfittare del terremoto per dare il colpo di grazia ai suoi nemici, lasciando le zone ribelli senza alcun tipo di assistenza; ma c’è anche la lettura opposta che sta circolando soprattutto nei canali della controinformazione, dove si evidenzia come siano proprio gli occidentali a voler approfittare della tragedia per ricattare il governo di Damasco. E c’è anche chi denuncia come alcune associazioni umanitarie occidentali siano operative soltanto nelle zone anti-governative.

C’è chi, come la collega Francesca Totolo de Il Primato Nazionale, sta documentando come gli Stati Uniti vogliano approfittare del terremoto per regolare una volta per tutti i conti con Assad, foraggiando il fronte ribelle, fomentando il malcontento della popolazione colpita dalla tragedia e delegittimando il governo legittimo, sperando nella ripresa di una rivolta che possa rovesciare Assad, alleato storico della Russia, e collocare al potere gli estremisti islamici sostenuti dall’Occidente (salvo poi, una volta raggiunto lo scopo accorgersi, come avvenuto in passato con l’Isis, di aver creato dei mostri).

Intanto un forte appello a sospendere l’embargo contro la Siria è giunto fra gli altri dal Centro internazionale del Movimento Politico per l’Unità, espressione del Movimento dei Focolari, ed è stato rivolto alla comunità internazionale, ai governi e all’Unione Europea. “Si sospenda temporaneamente almeno l’embargo finanziario per consentire tempestivamente alle organizzazioni umanitarie già attive sul posto di fornire gli aiuti necessari”. Il Movimento Politico per l’Unità sta attivando tutti i canali di contatto possibili anche con altri movimenti, “ma si faccia in fretta – è l’accorato appello – per salvare più persone possibili”.

L’Unione Europea ha intanto confermato che invierà aiuti economici anche in Siria dopo la richiesta di aiuto di Assad  In totale saranno inviati 3 milioni e mezzo di euro, mentre per il momento non è possibile parlare di aiuti umanitari proprio a causa delle limitazioni imposte dall’embargo e della complessa situazione politica siriana. E il motivo starebbe soprattutto nel non voler far gestire ad Assad la distribuzione degli aiuti. Alla fine viene da chiedersi chi è che sta davvero giocando sulla pelle dei siriani.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Articolo precedente

Ucraina, Meloni: “Inopportuno invito di ieri a Zelensky, Ue sia compatta”

Articolo successivo

Covid oggi Toscana, 275 contagi e 3 morti: bollettino 9 febbraio

0  0,00