Superbonus, lo stop alla cessione dei crediti e agli sconti in fattura decretato dal governo Meloni nel “blitz” del 16 febbraio è una misura senza precedenti per la sua impopolarità.
Non ci sono precedenti perché questa decisione dell’esecutivo stride fortemente con le consuetudini di una politica italiana tendenzialmente “bonacciona” e demagogica, quindi sostanzialmente inconcludente. Una politica che fugge come la peste il conflitto sociale e che evita regolarmente il rischio di scontentare questa o quella categoria, soprattutto quando si tratta di categorie politicamente vicine. Di qui la tendenza a diluire e dilazionare i provvedimenti dal più pesante impatto sociale ed economico.
Stavolta no. Con il blocco al Superbonus, Giorgia Meloni e il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, sono andati come un treno, spiazzando gli altri ministri, soprattutto quelli di Forza Italia, che si sono lamentati di essersi visti recapitare il testo del decreto «mezz’ora prima» della firma. Un vero e proprio trauma, per migliaia di imprese e centinaia di migliaia di cittadini, che si vedono bloccati crediti e cantieri.
Perché la Meloni l’ha fatto? Perché s’è messa contro una intera filiera economica, quella dell’edilizia, tradizionalmente potentissima per il suo forte contributo alla crescita del Pil?
La risposta “tecnica” è che il Superbonus ha aperto una voragine nei conti dello Stato da 110 miliardi di euro, un mega-debito (credito per cittadini e imprese) che è arduo spalmare su vari esercizi di bilancio pubblico. Per quest’anno – fa sapere il governo – il rischio è quello di bloccare tutto l’ammontare della spesa sociale destinata a bollette, cuneo fiscale e sanità. Non prendetevela con noi, si difende la Meloni, prendetevela piuttosto con le con le «scelte scellerate» compiute dai governi del passato.
Già, i governi del passato. Sì dà il caso che, tra questi governi, ci sia anche il governo Draghi. È noto che il predecessore della Meloni a Palazzo Chigi non amasse il Superbonus. Però non riuscì cambiare neanche una virgola della legge sugli incentivi fiscali all’edilizia. E ciò per la forte opposizione dei partiti che sostenevano l’esecutivo da lui presieduto.
Qui arriviamo al secondo ordine di motivi che spiegano la scelta della Meloni: l’ordine delle ragioni politiche. La premier ha potuto tagliare il nodo gordiano (e in prospettiva letale) dei crediti d’imposta in lievitazione solo perché può contare su un forte consenso politico. Non a caso il governo ha deciso di intervenire nello scottante dossier del Superbonus proprio all’indomani della vittoria conseguita nelle elezioni regionali in Lazio e Lombardia. Meloni non ha atteso neanche un giorno per risolvere l’annosa questione degli incentivi all’edilizia che si trascinava da troppo tempo. Ha potuto fare sfoggio di decisionismo perché ha avuto la conferma che, mai come in questo momento, gli italiani si fidano di lei, astensionismo o non astensionismo.
È un dato di notevole significato, dal momento che confuta il pregiudizio ideologico secondo il quale solo un governo “tecnico” può prendere decisioni impopolari, decisioni volte a mettere in ordine i conti pubblici. Si dimostra anzi che un governo politico può arrivare dove non osa neanche un governo tecnico. E può farlo proprio perché dispone di un mandato popolare, cosa su cui non può contare un governo “tecnico”, per quanta considerazione possa circondare la figura di chi lo presiede. È una buona notizia per la democrazia italiana.
Naturalmente, non tutti i governi politici se la sentono di arrivare a tanto. Tutto dipende dalla “visione” strategica del premier e dal suo carisma su sostenitori, alleati e persino avversari. È sintomatico che,in primo momento, a protestare contro la Meloni, sia stato, nell’ambito della sua stessa maggioranza, Silvio Berlusconi. Il Cavaliere s’è certo scagliato all’inizio contro il “blitz” sul Superbonus (salvo poi abbassare i toni e invitare i suoi alla calma) per ragioni di visibilità politica. Ma c’è anche una notevole differenza di stile di governo e di approccio comunicativo. Il leader di Forza Italia ha sempre mirato a “piacere” agli italiani. Per questo le decisioni impopolari non sono mai state nelle sue corde.
Ora, con Giorgia Meloni, sembra cominciata una nuova epoca. Si tratterà di vedere come la premier saprà sfruttare questo momento di grazia. È improbabile che ceda sul piano del decisionismo. Ma dovrà anche infondere negli italiani la speranza in un futuro migliore, non solo educarli all’austerità. Dovrà, in sostanza, mettere mano a quelle riforme più volte annunciate e mai finora neanche abbozzate. Dovrà farlo il più presto possibile. Un governo non può vivere di solo rigore.