Doccia fredda per Giuseppe Conte che sta pagando pesantemente l’effetto Schlein.
Anche ieri sera, il sondaggio settimanale sulle intenzioni di voto pubblicato dal Tg de La7 e realizzato da SWG S.p.a, ha registrato un incremento di consensi per il Partito Democratico pari ad un + 0,6% rispetto alla settimana passata, cui però ha fatto da contraltare un – 0,8% del Movimento 5Stelle. Con il Pd di nuovo oltre il 20%, ma lontanissimo da Fratelli d’Italia che supera il 30% in posizione sostanzialmente stabile rispetto alle precedenti rilevazioni, e i 5Stelle che sono scesi al 15% (una settimana fa stavano oltre il 16).
Sembra finita dunque per Conte la luna di miele iniziata all’indomani delle elezioni politiche con la pesante sconfitta del Pd, l’assenza di una leadership e gli scontri interni. L’elezione della Schlein sta in pratica restringendo sempre di più gli spazi di manovra che Conte aveva conquistato a sinistra, soprattutto perché a favore della neo leader dem sta giocando il fattore novità: è giovane, è donna, è diversa dai leader che hanno guidato il Pd fino ad oggi, è movimentista, sa parlare alla piazza, non è ingessata come i suoi predecessori, sa muoversi con destrezza e con una discreta dose di populismo.
Scrive Claudia Fusani: “Intanto un risultato Elly Schlein lo sta ottenendo: sta consumando la leadership di Giuseppe Conte che fino alla elezione della segreteria era convinto di poter essere lui il riferimento dell’area di centro sinistra, l’avvocato di Volturara Appula, il Che Guevara con la pochette. Lui la novità, lui quello capace di aggregare, di parlare alle folle e di convincerle. Era Conte l’interlocutore con cui Landini parlava spesso e volentieri, quasi una consulenza; Conte quello che parlava ai poveri con l’immancabile promessa del reddito di cittadinanza che Schlein ha sostituito con il più realistico salario minino. Era Conte il leader dei pacifisti in Parlamento, quelli pronti a fermare il rifornimento di armi all’Ucraina. Su questo piano Schlein ha scelto di non pronunciarsi, non ancora almeno, meno che mai in una piazza perchè non ci sono dubbi che si tratta dell’argomento più divisivo nell’area del centrosinistra”.
E’ vero che Schlein è ancora agli inizi e che finora la si è vista soltanto in piazza a fare propaganda: e come abbiamo scritto ieri commentando la sua partecipazione alla piazza arcobaleno di Milano, protestare e promettere non costa nulla, ma se si vogliono davvero affermare dei diritti la protesta non basta, è necessario legiferare, combattere in Parlamento. E qui la neo segretaria dem sembra avere le armi spuntate, non soltanto perché la maggioranza oggi ce l’ha il centrodestra, ma anche perché nello stesso centrosinistra convivono sensibilità diverse e divergenti sul riconoscimento dei cosiddetti diritti civili.
Tuttavia, è un dato di fatto, di come in queste prime settimane Schlein abbia chiaramente rubato la scena a Conte: l’ha rubata sulla tragedia di Cutro incontrando per prima i familiari delle vittime, promettendo giustizia e innescando con la Meloni un duello parlamentare ripreso da tutti i media nazionali ed internazionali; è andata in piazza a Firenze per protestare contro il ritorno della violenza fascista rispolverando a sua volta slogan da anni settanta che hanno entusiasmato l’Anpi; è andata alla Cgil ed è stata incoronata a suon di applausi come nuova leader della sinistra.
Tanto a Firenze che a Rimini era presente anche Conte, ma sembrava a tutti gli effetti il numero due della Schlein, visto che è stata lei ad occupare la scena oscurando il leader pentastellato, la cui presenza sembrava una mera testimonianza della volontà di riaprire un dialogo con i dem. Solo poche settimane fa invece era proprio Conte il punto di riferimento del popolo della sinistra, desideroso di ascoltare parole d’ordine ormai dimenticate dal Pd come lavoro, salario, lotta alla povertà.
Forse è anche per questo che Conte non si è presentato a Milano alla manifestazione in difesa delle famiglie arcobaleno. Sapeva perfettamente che la Schlein gli avrebbe rubato nuovamente la scena come a Firenze e sul palco della Cgil (dove per il leader 5Stelle il massimo dell’apprezzamento è arrivato quando si è scontrato con Carlo Calenda sulle alleanze) e ha preferito non apparire ancora come il numero due; ha preferito delegare l’Appendino anche per non compromettere i rapporti in corso con una parte del mondo cattolico, che il leader 5Stelle sta corteggiando in vista delle prossime elezioni europee (trovando sponda nel direttore di Avvenire Tarquinio).
Come detto il successo della Schlein al momento è soltanto mediatico, visto che al di là degli slogan e delle promesse la neo segretaria non è andata. E adesso deve vincere la sfida più difficile, ovvero tenere unito il partito. Con il rivale interno Stefano Bonaccini sembra aver raggiunto un accordo, ma c’è tutta l’area moderata, ben identificata nella corrente Base Riformista che fa capo a Lotti e Guerini, che non si fida di lei e che potrebbe presto dare battaglia. Ma oggi l’elettorato guarda soprattutto alle forme, ragione per cui il Pd sta riguadagnando punti nei sondaggi a scapito di un Movimento 5Stelle che era sembrato utile soltanto a colmare un vuoto: vuoto creato da un Pd in profonda crisi e in completo stato confusionale, che oggi però sta tornando protagonista grazie al movimentismo della Schlein: che è tutta forma e poca sostanza, ma sufficiente per conquistare la pancia di un elettorato in cerca di novità.
Certo, se avesse vinto Bonaccini per Conte sarebbe stato tutto più facile, visto che avrebbe potuto continuare a competere con il Pd a sinistra, ma la vittoria della Schlein ha messo i pentastellati nel serio pericolo di essere scavalcati e fagocitati da una leader dem che sembra una grillina delle origini.
Ora a Conte non resta altro da fare che intensificare la sua opposizione alla guerra in Ucraina e all’invio delle armi, terreno dove la Schlein potrebbe trovarsi molto meno a suo agio rispetto ai cortei antifascisti e arcobaleno. Perché difficilmente potrà discostarsi dalla linea filo atlantista che il Pd ha portato avanti fino ad oggi, e soprattutto non potrà permettersi di apparire agli occhi dell’amministrazione Biden e degli alleati europei meno affidabile della Meloni. E difatti la guerra è l’unico argomento che la neo segretaria evita di affrontare, sapendo perfettamente che si tratta di un campo minato. Ma è altrettanto consapevole di non poter appaltare il pacifismo a Conte, visto che si tratta di un terreno che unisce da sempre il mondo cattolico alla sinistra radicale (come dimenticare i vari Cossutta e Bertinotti che nel fare opposizione alle guerre della Nato in Serbia e in Iraq citavano Giovanni Paolo II). E a complicare il quadro ci si è messa nelle ultime ore la contrarietà dell’Occidente al piano di pace proposto dalla Cina, posizione che ha contribuito ad avvalorare i sospetti di chi ritiene che a volere questa guerra siano in realtà Zelensky e la Nato. Del resto è stato proprio un esponente della sinistra radicale come Stefano Fassina a consigliare a Conte di cavalcare il tema della pace per avvicinare il più possibile il mondo cattolico, considerando che la Schlein da quelle parti rischia di non essere vista molto favorevolmente per le sue posizioni ultra laiciste e filo Lgbt (da qui l’assenza di Conte a Milano).
Sarà interessante vedere come la Schlein cercherà di fronteggiare la competizione dei 5Stelle, decisi a radicalizzare le loro posizioni contrarie all’invio di armi, senza compromettere la vocazione atlantista del Pd. Anche perché un eventuale scivolamento su posizioni ambigue rispetto alla guerra potrebbe aprire già un pericoloso fronte di rottura interno al partito. Vedremo allora se Elly sarà altrettanto fortunata di come lo è stata finora, avendo tutti gli argomenti a favore e soprattutto l’appoggio dei media.