Il capo-gruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, non se la può cavare con una battuta: “Alle elezioni Fdi ha preso un sacco di voti in più rispetto a noi … quindi”. Tradotto: anche se non la pensiamo come la premier circa il riarmo a getto continuo dell’Ucraina, ci asteniamo dal dissociarsi, votando eventualmente come parte dell’opposizione (grillini e Sinistra italiana). Una dichiarazione, la sua, furba e singolare.
Infatti, più o meno preoccupati per l’escalation della guerra, sono pure i forzisti. I dirigenti azzurri, da mesi, oscillano tra pragmatismo, atlantismo, filo-americanismo doc (il loro Dna storico scippato al momento dalla Meloni), e le frasi di Berlusconi, totalmente fuori registro, con relativi effetti dirompenti (“sono amico di Putin”, “la guerra è scoppiata prima dell’invasione russa del Donbass, esattamente nel 2014”, e “al posto della premier non sarei mai andato a Kiev”).
Delle due l’una: o Fi e Carroccio stanno tentando un riposizionamento autonomo per non venire assorbiti, svuotati, delegittimati dalla popolarità della premier, al fine di risalire la china, o l’hanno sempre pensata diversamente da Palazzo Chigi.
Oppure, terza ipotesi, si tratta di un semplice, scientifico, pianificato gioco di marketing con lo scopo di sommare ogni sensibilità popolare, leggendo quotidianamente i sondaggi che danno l’opzione pacifista nettamente prevalente su quella bellicista, anche se nel nome della Pace. Una pace che non arriva mai e che si ingarbuglia progressivamente.
Distinguo non nuovi. Già durante il Covid le posizioni del centro-destra sulla sua gestione (etico-sanitaria) sono state “articolate”: Fi è stata fanaticamente pro-vaccini e pro-Green Pass, Fdi moderatamene a favore, Lega assolutamente scettica, con qualche simpatia per i no-vax.
Ma torniamo al riarmo. Le parole-chiave usate da Romeo sono chiare: “Sull’invio delle armi, servono attenzione e prudenza a non inviare delle armi che trascinino l’Alleanza atlantica in un conflitto diretto con la Russia. Cosa vuol dire? Vuol dire far scoppiare la guerra nucleare. Missili a lungo raggio, i caccia F16 e quant’altro; con questo tipo di armi il rischio di un incidente dal quale poi non si possa tornare più indietro c’è. Bisogna cercare di evitarlo”.
E i forzisti, dal canto loro, puntano su una soluzione negoziata e politica. Certo, l’assenza dei ministri leghisti (Salvini compreso), durante l’intervento della Meloni in Aula, suona a monito, dando quasi ragione alla polemica orchestrata dal capogruppo dem Simona Malvezzi.
Riassumendo: le diverse posizioni sono destinate ad accentuarsi. La perenne fornitura di armi (come le sanzioni), prove alla mano, non sta dando i frutti sperati, la guerra continua, altro che pace; il rischio poi, di un incidente nucleare o gli effetti dell’uranio (come in Kosovo) delle nuove armi, è forte. Per quanto tempo ancora si continuerà a foraggiare l’Ucraina? Fino alla ritirata di Putin o alla sua caduta, o al suo arresto per deportazione? O fino a che un golpe interno non lo caccerà? Tutto utopistico. Putin non arretrerà mai.
E allora forse le perplessità azzurre e leghiste potranno diventare materia di analisi di buon senso, segnali concreti alla Meloni per rivedere le decisioni governative. E l’inizio forse, di una nuova fase diplomatica, con l’Europa finalmente centrale e non più subalterna a Biden.