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Ue e la grande sfida demografica: ecco quale futuro e quali strumenti

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Le parole del Presidente Meloni al Demographic Summit di Budapest rilanciano la grande sfida demografica in vista delle prossime elezioni Europee. Un obiettivo sul quale appare che tutte le formazioni del blocco del centrodestra e dei conservatori in Europa trovino unanimità, ma che coinvolge e deve coinvolgere anche altri, pensiamo a quante volte anche Matteo Renzi, in vista delle consultazioni del Parlamento Europeo ha parlato di natalità e demografia.

Ebbene, la transizione demografica rappresenta realmente la terza transizione a cui devono puntare le istituzioni di Bruxelles, accanto a quella Green e quella digitale, per cui molto si è fatto durante l’ultimo mandato. Ma di calo demografico è molto tempo che se ne parla,  numerose sono anche le Risoluzioni del Parlamento Europeo e le Mozioni di Risoluzione dei singoli Eurodeputati che hanno posto l’accento sulla tragica realtà che il nostro continente sta vivendo ormai da anni. Addirittura, nel 2019 per la prima volta è stata nominato un Commissario ad hoc per la Demografia, la croata Dubravka Šuica del PPE, e nel Parlamento Europeo è stato formato  un Intergruppo sulle Sfide demografiche, l’equilibrio famiglia-lavoro e le transizione giovanile, con la presenza di molti Eurodeputati, italiani e stranieri, di differenti parti politiche (la formazione iniziale vedeva ben due italiani su quattro co-presidenti a condurlo: Simona Baldassarre della Lega, ex-Eurodeputato e oggi Assessore nel Lazio, e Marzo Zullo, ex-M5S). 

Quindi le premesse nel 2019 c’erano tutte, ma la realtà è che soprattutto sul versante Commissione Europea troppa poca attenzione è stata posta sul tema, senza consegnare il legato di una grande riforma per la demografia Europea. Mancanza di voglia o di ambizione? Può darsi, ma soprattutto l’UE è ancora oggi sguarnita di una vera e propria struttura istituzionale che gli permetta di lavorare efficacemente sulla demografia. Però volere è sempre potere, specie all’orizzonte delle prossime Europee del 2024.

Le sfide demografiche dell’UE, ad oggi, sono molteplici: secondo l’organo esecutivo dell’UE entro il 2070 il 30,3% della popolazione UE dovrebbe arrivare ad un età pari o superiore a 65 anni. Nel  2019 rappresentava solo il 20,3%. Dati Eurostat, il tasso di fecondità totale nel 2021 era pari a 1,53 figli per donna, ben lontano da quello che è considerato il livello di sostituzione nei paesi sviluppati (2,1 nascite per donna), e con l’Italia che rappresenta la terzultima nella lista dei paesi peggiori. Secondo il “Demographic Outlook for the European Union”, la composizione dei nuclei familiari ha un impatto diretto sul rischio di povertà, e questo rischio incombe non appena vi sono figli di cui occuparsi a casa e man mano che aumenta con il numero di figli. Avere uno più figli generalmente comporta costi maggiori per la famiglia e quindi genera un maggiore rischio di povertà per i familiari. Inoltre, diverse regioni dell’UE stanno registrando un declino demografico accelerato e una fuga di cervelli dovuta alla mancanza di opportunità di sviluppo a livello locale. Nel complesso, l’Unione Europea rischia di rappresentare una porzione sempre più inferiore della popolazione e del PIL mondiale. Come sottolineato dalla Šuica, per l’UE il declino demografico significa “un invecchiamento della popolazione, bassi tassi di natalità e una riduzione della popolazione in età lavorativa. Tali cambiamenti incidono in modo significativo sulla nostra economia, sulle nostre politiche sociali e occupazionali, sulle finanze pubbliche e sulla coesione territoriale”.

Quindi, invecchiamento della popolazione, poche nascite, il numero dei figli come uno dei principali indicatori di povertà ed esclusione, spopolamento delle aree rurali e fuga dei cervelli. Ecco in fila i componenti della prossima sfida demografica dell’UE. Anzi, ne manca uno: consapevolezza ed una cultura che attribuisca valore al tempo e alle risorse che i genitori attribuiscono alla crescita dei figli. 

Una trappola, quella demografica, che può portare in poche generazioni ad emarginare il ruolo dell’UE dalle grandi questioni internazionali, rischiando di farla diventare il “reparto di geriatria” del globo. Un continente dove, a fronte di una base di forza lavoro sempre più ridotta, i costi sociali aumenteranno a dismisura per il progressivo allungamento dell’aspettativa di vita media. E, dati alla mano, neanche l’immigrazione può rappresentare un rimedio sostenibile. E parlando di sostenibilità, a chi vogliamo lasciare questo continente che si prefigge di raggiungere emissioni zero entro il 2050? A chi vogliamo lasciare questa UE che digitalizza e trasforma la propria economia per restare al passo della digitalizzazione? Sono domande che dovremo porci durante il prossimo mandato Europeo.

E qui arriviamo al “volere è potere”. Infatti, ad oggi la Commissione Europea ha fondato tutto il suo operato su un’interpretazione restrittiva dell’articolo 174 del Trattato sul Funzionamento dell’UE: coesione economica, sociale e territoriale, pari sviluppo delle regioni europee, zone rurali e svantaggi demografici. Ovvero, si è occupata di studiare la maggior parte dei fenomeni che compongono il problema demografico, di creare strumenti come l’Atlante Demografico, senza però tirare fuori dal cilindro soluzioni che permettano un vero e proprio cambio di passo.

Un esempio? La creazione di una grande Agenzia Europea per la demografia, come ne esistono d’altronde molte altre: da quella del farmaco; a quella per la sicurezza area o per la prevenzione e il controllo delle malattie, che tanto ci ha accompagnato durante la pandemia. Creare una Agenzia significa dare una struttura al Commissario di turno per affrontare seriamente il problema demografico. Altrimenti, avremo sempre Commissari “senza portafoglio” (come si dice in Italia), che nulla altro potranno fare se non mera divulgazione e qualche misura di dettaglio che ben poco cambia rispetto ai trend degli ultimi 15 anni. Ma non basta, serve anche una Strategia Europea per la Demografia che fissi un obiettivo chiaro sul numero di nuovi nati che vogliamo raggiungere entro un determinato anno. Quale obiettivo? Questo starà ai tecnici studiarlo, ma creare una Strategia, nella complessa lingua burocratica di Bruxelles, significa creare fondi, strumenti e politiche per intervenire efficacemente su ognuna delle sfide che rappresentano il problema demografia. Quante volte abbiamo sentito “Zero emissioni entro il 2050”? Ebbene, serve fare lo stesso: fissarsi un obiettivo e, con una strategia, realizzare tutte quelle riforme economiche, sociali e culturali per arrivare ad una soluzione congiunta. Ne vale della sostenibilità intergenerazionale del nostro continente. Ne vale del futuro dell’Europa.

di Francesco Carboni

 

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