Nel 2016 l’Eurostat ha pubblicato una classifica che riguarda l’occupazione dei giovani sia laureati che diplomati. Non è stata una sorpresa scoprire che in fondo alla classifica compaia proprio l’Italia insieme alla Grecia e a Cipro. Il tasso di occupazione dei giovani laureati qualificati si attesta intorno al 61,3%, mentre la media in Europa è dell’82,8%. Ma perché i giovani italiani con competenze hanno difficoltà a trovare lavoro dopo la laurea? Le cause sono molte. Una di esse è la difficoltà che le aziende hanno di inserire all’interno del proprio organico dei lavoratori troppo qualificati in ambiti specializzati o con competenze troppo teoriche che non si sposano bene con le esigenze di molte realtà.
Nella società di oggi essere qualificati sembra essere diventato quasi un problema quando ci si presenta ai colloqui di lavoro. Questo comporta il rischio che si assumano lavoratori con minori competenze. Non gioca a favore dei giovani qualificati e laureati neanche il problema dei costi del lavoro così come quello del ricambio generazionale, attualmente reso difficile dai problemi burocratici che da sempre caratterizzano il Belpaese. Andando ad indagare la situazione lavorativa degli under 30 emerge che solamente il 42,9% dei laureati riesce a trovare lavoro ad un anno dalla laurea e che la retribuzione media è di 1.041 euro al mese. Questo dato emerge dall’analisi di Almalaurea ed è preoccupante perché solamente un giovane con competenze su due riesce ad essere occupato nell’anno successivo alla laurea. Quest’ultima dovrebbe invece essere una garanzia in più nella fase della ricerca di un lavoro.
Ovviamente ci sono dei tempi fisiologici tra la ricerca di un lavoro e l’effettiva assunzione, ma se questa fase dura troppo può diventare “patologica”, così come spiega il sociologo del lavoro Emilio Reyneri, professore emerito dell’Università Milano-Bicocca, che al riguardo si è espresso cercando di indagare le cause del problema: “In parte pesa la questione dimensionale delle aziende, le grandi campagne di assunzione arrivano dalla società più grandi, e in Italia il tessuto è rappresentato soprattutto da Pmi che hanno meno possibilità di fare inserimenti”. Alla base di questa situazione, che vede i giovani faticare e non poco per trovare un lavoro, ci sono anche altre tipologie di problematiche. Una di queste è determinata dalla poca innovazione, che non vede la spinta necessaria a puntare poi su giovani professionalità qualificate in tal senso. L’Italia investe ancora troppo poco su ricerca e sviluppo, settore che nel 2015 costituiva solamente l’1,3% del Pil mentre in Danimarca e Germania rappresenta invece quasi il 3%. Alla luce di questo, essere qualificati in Italia può diventare addirittura un problema invece che agevolare nella ricerca del lavoro. Le aziende puntano quindi su lavoratori meno qualificati. I laureati che vengono assunti sono poco più del 60% e il Paese riesce a fare meglio solo della Grecia, in cui sono il 55%. In Germania il tasso di occupazione dei laureati è invece dell’86,4%, mentre in Norvegia del 93,6%, ben 32,3 punti in più rispetto all’Italia.
Il costo del lavoro in questo senso non aiuta. “Se si vuole maggiore stabilità bisogna ridurre i costi per i contratti a tempo indeterminato. Con gli sgravi degli ultimi anni i tempi di transizione che citavamo prima si sono accorciati. E questo dovrebbe essere un segnale”, ha detto Reyneri al riguardo. Lo dimostrano i dati che hanno visto un numero di assunzioni di giovani con meno di 29 anni di età pari a 386mila nel 2015 a seguito dello sgravio di 8.060 euro. Nel 2016, invece, lo sgravio è stato di 3.250 euro, e le assunzioni sono state 188mila. Dunque la situazione dei giovani talentuosi e laureati potrebbe migliorare facendo leva sui bonus per l’inserimento dei lavoratori.
Da non sottovalutare è poi l’offerta del mondo del lavoro, che richiede determinate figure professionali di cui in Italia si è carenti. A dimostrarlo è un report di Gidp, il Gruppo intersettoriale direttori del personale. Più del 40% delle aziende ha avuto problemi nel reperire lavoratori quali soprattutto ingegneri gestionali. Conta perciò anche la qualifica che si possiede, perché alcune lauree possono costituire davvero una strada preferenziale per l’ingresso nel mondo del lavoro. Gli ingegneri gestionali possono ambire anche ad una retribuzione più elevata rispetto ai coetanei specializzati in altri ambiti, con uno stipendio di circa 1.600 euro netti rispetto ai 1.278 euro delle altre figure professionali. C’è però da dire che nel resto d’Europa questi lavoratori potrebbero guadagnare molto di più, a parità di competenze e studi, e dunque ecco che si arriva ad un’altra caratterizzazione tutta Italiana: la fuga dei cervelli.
Insomma, il mondo del lavoro non sembra avere la disponibilità sia economica che professionale di assumere giovani con determinate qualifiche e titoli di studio. Dunque la categoria degli under 30 fatica a trovare una propria dimensione in Italia e spesso si vede costretta a fuggire in realtà meglio strutturate e che danno sicuramente maggiori sicurezze. E’ necessario attuare delle politiche che consentano ai laureati italiani di trovare il proprio spazio nel mondo del lavoro, per non sentirsi dire ancora una volta di essere troppo qualificati e per non dover accettare l’ennesimo stage sottopagato che ne sminuisce le competenze.
Assunta De Rosa