L’euro non è più il grande nemico del Movimento 5 stelle. Tra i venti punti del programma di governo presentato ieri a Pescara, il referenudm sulla moneta unica non compare. Adesso il M5s vuole restare nell’euro.
Luigi Di Maio, parlando dell’Europa ha precisato che il Movimento «non vuole rompere con l’Unione europea» ma, sul deficit, «vuole andare ai tavoli europei per chiedere ciò che altri Paesi hanno avuto» e poter fare «investimenti in deficit in settori ad alto moltiplicatore». «Ridurremo di 40 punti il rapporto tra debito pubblico e Pil». E’ un cambio di strategia importante che non mette più nel mirino l’euro ma i meccanismi e le regole con cui l’Italia sta dentro l’Europa. Quindi, la colpa non è della monete unica ma dei partiti e dei governi che fino ad oggi non sono stati in grado di fare gli interessi del nostro Paese. Una svolta moderata da partito anti-sistema a riformatore del sistema.
Svolta importante ma certamente non inaspettata. Come aveva già scritto questo giornale, fa parte di quel processo di istituzionalizzazione che i grillini stanno perfezionando nel tentativo di intercettare anche il voto di quell’elettorato in cerca di stabilità e scenari politici rassicuranti. Un riassetto delle posizioni sull’euro era in corsa da tempo. Poco più di una settimana fa, Di Maio nel salotto di Porta a Porta aveva detto: «Non è più il momento di uscire dall’euro». Lui che a metà dicembre su La7 si era lasciato sfuggire un «è chiaro che, se si dovesse arrivare al referendum, io voterei per l’uscita». Siamo distanti anni luce dalle posizione più oltranziste che tanto consenso hanno convogliato verso il Movimento. I grillini sono lo stesso partito che a giugno del 2015 depositava in Senato le firme per dare il via alla legge di iniziativa popolare che nelle loro intenzioni di allora avrebbe dovuto portare al referendum consultivo sull’euro. Sono gli stessi che inneggiavano alla riconquista della sovranità monetaria. Il loro leader è sempre quel Beppe Grillo che incendiava l’entusiasmo dei militanti ai suoi comizi in giro per l’Italia al grido di «Dobbiamo uscire dall’euro il prima possibile».
Il processo di “normalizzazione” del Movimento 5 stelle ha una strategia ben chiara. I grillini possano contare su un rilevante consenso elettorale, si sono affermati come unica forza politica “diversa”, pura, non contaminato dai giochi (secondo loro) sporchi della politica. Un tesoretto elettorale che consente a Di Maio e all’ala più pragmatica del movimento di rendere meno estreme le loro posizioni per lanciarsi alla caccia del voto moderato.
Ma il rischio di alienarsi le simpatie di quell’elettorato galvanizzato dalle posizioni più oltranziste resta ed è palpabile. La marcia indietro sull’euro ha scontentato la base. La sera delle dichiarazioni fatte da Di Maio a Bruno Vespa è esploso lo scontento della base grillina che, come ha raccontato Lo Speciale, sui social network ha riversato tutto il proprio scontento.