E’ finita la leadership “castista” di Macron. Vi spiego perché

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Un quarto d’ora per convincere i francesi e recuperare i consensi scesi al minimo storico (appena un terzo degli elettori lo “gradisce”); oppure, una “concessione regia” durata appena un quarto d’ora che non servirà a nulla. Sono questi i due aspetti dell’intervento presidenziale di Macron che ieri, a reti unificate, si è degnato di rispondere ai gilet gialli, tra l’altro, con un intervento registrato.

Ha convinto i francesi? E la rabbia sociale, i disagi, le disuguaglianze evidenti, che hanno scatenato la protesta contro gli aumenti del carburante, lo scontro tra la Francia profonda e la Francia cittadina, laicista, borghese, diminuiranno, avendo “meritato” solo 15 minuti di “pedagogica e progressista” attenzione?
Il sistema francese, l’abbiamo detto più volte, obbliga i protagonisti della politica e delle istituzioni, a scontri frontali.
Il vertice della nazione, i capi di Stato, che secondo il sistema presidenziale gollista ancora in vigore, sono anche capi di governo (cogestiscono col premier l’esecutivo), possono permettersi il lusso di ignorare le contestazioni, le opposizioni, finché dura il loro mandato, e, al contrario, possono permettersi di fare aperture clamorose. Le opposizioni, non avendo altra camera di compensazione, di mediazione sociale e politica; non avendo la possibilità di essere rappresentate degnamente in parlamento, a causa di una legge elettorale che blinda le forze di maggioranza e condanna all’anonimato le forze minoritarie, alternative, ricorrono ciclicamente e storicamente alla violenza, alla piazza. Per farsi ascoltare, per farsi sentire.
Questo è infatti, il dna rivoluzionario e controrivoluzionario dei francesi.

Macron, nel suo intervento, visto che il pugno duro non ha funzionato; e visto che la trappola del tentato golpe per giustificare la repressione poliziesca (più di mille arresti sabato scorso), ha sollevato ulteriore indignazione in Francia e maggiore consenso per i gilet gialli, ha fatto autocritica: «Non dimentico – ha dichiarato con voce solenne, col tricolore e la bandiera Ue sullo sfondo – che c’è una collera, un’indignazione» che «ritengo giusta per molti aspetti. Senza dubbio, non abbiamo saputo fornire una risposta, mi assumo la mia parte di responsabilità». Una bella differenza rispetto a quando con superbia da casta sprezzante, affermava che in Francia ci sono «quelli che hanno successo e quelli che non sono niente», o che per trovare un lavoro basta «attraversare» la strada.

E poi ha snocciolato le sue ricette salvifiche per frenare e ammorbidire la piazza: l’aumento del salario minimo di 100 euro al mese dal 2019, la detassazione degli straordinari, nonché l’annullamento della contribuzione sociale generalizzata (Csg) per i pensionati che guadagnano meno di 2000 euro al mese («Lo sforzo richiesto era troppo importante», ha detto). Quindi l’appello agli imprenditori a versare un bonus di fine anno ai dipendenti, che sarà interamente detassato.

Secondo «Le Monde», le misure sociali e fiscali annunciate in favore dei gilet-gialli, a cui si aggiunge anche l’annullamento dell’ecotassa sul carburante sospesa la settimana scorsa, potrebbero ammontare a circa 10 miliardi di euro. Se fosse confermata, questa somma comprometterebbe la traiettoria sui conti pubblici assunta da Parigi con l’Ue. Il deficit al 2,8% nel 2019 appare «fuori portata» e anche il tetto del 3% «non è più garantito». Secondo fonti dell’esecutivo, «ripassare al di sopra del 3% non è più un tabù».

Divertente, ora vedremo se la Ue sarà dura come lo è stata con l’Italia o se la Francia godrà di qualche solidarietà trasversale di casta. Almeno, questa è la speranza di chi scrive, Macron smetterà di fare il professorino contro l’Italia.
E un’altra certezza: queste concessioni potrebbero sortire pure un effetto negativo. Non il “compromesso nazionale”, cui il presidente si è richiamato. Ma la definitiva parabola discendente della sua leadership. Prima mena poi cede.
E così, le prossime contestazioni sociali e i prossimi movimenti “contro” sono avvertiti. Macron prima mena, poi cede. Ormai è e sarà, un pericoloso precedente. Per lui.

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