Fake contro i gilet gialli. Gli insulti erano di sinistra e di matrice islamica

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Come si costruisce una fake “progressista”. L’ultima, del resto, di una lunga serie. Si sceglie un episodio ritenuto utile alla propaganda, e subito parte la manipolazione della grancassa mediatica (politici, intellettuali, giornalisti etc), tesa ad demonizzare un leader, un movimento, un partito, un’idea ben precisa.

Anche a costo di prendere topiche clamorose, che ovviamente vengono taciute, minimizzate. E l’opinione pubblica, invasa, bersagliata da parole a senso unico, di fronte a tale sproporzione resta disorientata, non riesce più a capire la differenza tra la verità e la menzogna. Tutto studiato a tavolino, come l’odio per Salvini, la commozione per i bambini dei migranti, lo spettro del fascismo, della xenofobia, dell’omofobia, i numeri della crisi economica etc (argomenti esistenti, ma drogati dall’ideologia). Tesi inquisitorie senza discussione.

Ma per grazia, può capitare che questo pensiero unico, che sta sempre dalla parte del bene, della libertà e della democrazia, vada in cortocircuito.
E’ il caso del filosofo Alain Finkielkraut, insultato “da razzisti di destra, fascisti e pure un po’ nazisti”, che connotano i gilet gialli, arrivati al 14esimo atto di protesta (“Sporco sionista, ebreo, come sporco negro, come sporco gay”: sono un mantra).
Occasione ghiotta per colpire i gilet gialli, definirli, etichettarli, criminalizzarli. Una rivolta che il presidente Macron, ormai considerato casta, alla stregua di Luigi XVI, non riesce a gestire, crollando a livello di immagine, di popolarità e consenso.

Se, qualche mese fa, la comparsa dal “nulla” di un terrorista cane sciolto, che con l’attentato di Strasburgo, ha fornito l’alibi al governo (la sicurezza nazionale), per varare norme ristrettive sulla libertà di scendere in piazza (e pertanto, fermare i manifestanti), non era servita granché; l’etichetta di razzisti, sicuramente sarebbe stata più efficace. Passi per la violenza, ma xenofobi no, una parola che uccide, un’onta che spezza le reni a qualsiasi movimento o partito di opposizione.

Peccato che opinionisti, sociologi, politici che si sono impegnati in dotte analisi e immediate sentenze sulla deriva dei populismi italiani ed europei, di lotta e di governo (il bersaglio da noi è sempre l’effetto-Salvini), siano stati clamorosamente smentiti dalla realtà, ancora più forte dell’ideologia. Chi ha insultato il filosofo francese additato come sporco sionista? “Era un misto di gente delle banlieues, gente di estrema sinistra e soraliani (seguaci del controverso polemista Alain Soral, ndr)”. Poi ha aggiunto il filosofo di aver “sentito l’odio assoluto e ce n’era uno – secondo Le Parisien – con una leggera barba, che mi diceva ‘Dio ti punirà’. E’ la retorica islamista”.

Sarebbe divertente se non fosse drammatico. La cronaca ha portato ad una verità opposta a quella descritta dal politicamente e culturalmente corretto.
E quei politici, quei giornalisti, quegli editorialisti blasonati, sempre pronti ovunque a fare cordata contro il razzismo di destra, chiederanno scusa e scriveranno la smentita, orientandosi sul razzismo di sinistra e i rischi dell’integralismo islamico?
La notizia, semmai ci sarà, finirà a pagina 10, vicino alle pubblicità o ai necrologi. Della libertà di stampa.

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