Voto in Emilia Romagna: possibili scenari e conseguenze

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Domenica sera si conosceranno i risultati delle elezioni in Emilia Romagna e in Calabria e forse anche i destini del governo. Anche se c’è chi è pronto a giurare che, comunque vada, alla fine non cambierà nulla.

Il governo giallorosso andrà avanti comunque e il centrodestra continuerà a chiedere invano il ritorno alle urne. Staremo a vedere.

Sicuramente non ci sarà la resa dei conti in casa del Movimento 5 Stelle, visto che Luigi Di Maio si è già dimesso. L’ex capo politico aveva tentato inutilmente di non schierare il M5S alle regionali di domenica certo di andare incontro ad una sicura, e molto probabile, dolorosa sconfitta. Gli iscritti della Piattaforma Rousseau però sono stati di diverso avviso. Le dimissioni del leader 5 Stelle hanno di fatto aperto la corsa alla successione ancora prima di conoscere il risultato delle urne. E Di Maio si è così chiamato fuori dagli inevitabili processi interni che sarebbero partiti contro di lui, capro espiatorio di una “tragedia” annunciata.

Gli scenari che potranno aprirsi sono molteplici. Certo è, che i risultati non potranno non essere letti in chiave nazionale, pur trattandosi di elezioni regionali. Soprattutto il voto in Emila sarà interpretato come un test per il governo.

Se vincerà il centrosinistra e Stefano Bonaccini sarà riconfermato, la maggioranza giallorossa potrà tirare un sospiro di sollievo perché potrà affermare che l’assalto della Lega non è riuscito. In tal caso sarà un segnale negativo per Matteo Salvini che ha personalizzato talmente lo scontro da averlo quasi trasformato in un referendum su di lui. 

In pratica il leader della Lega ha battuto la Regione città per città, paese per paese, piazza per piazza, vicolo per vicolo, casa per casa, anche se qualcuno gli ha chiuso le porte in faccia (come gli esercenti di alcuni bar che si sono rifiutati di ospitare eventi leghisti). Si è reso anche protagonista di gesti clamorosi, come andare a suonare al citofono di una famiglia tunisina chiedendo se fossero spacciatori come sostenuto da alcuni residenti della zona. Se vincerà Bonaccini il leader della Lega non potrà far finta di niente e i suoi avversari, dal Pd alle Sardine potranno cantare vittoria.

Stesso scenario a parti rovesciate nel caso in cui a vincere dovesse essere il centrodestra con Lucia Borgonzoni. E’ vero che negli ultimi anni sono state diverse le roccaforti storiche della sinistra a cadere, ma l’Emilia Romagna era rimasta l’unica certezza, l’unico fortino inespugnabile. Se cade l’Emilia rossa sarà davvero dura per i dem poter continuare l’esperienza di governo come hanno fatto fino ad oggi.

Non cadrà l’esecutivo forse, ma un terremoto ci sarà. Il premier Conte dovrà probabilmente rivedere l’agenda e l’assetto di governo anche anche alla luce dei rapporti di forza interni alla maggioranza (considerando che dopo le ultime fuoriuscite l’esercito dei 5 Stelle si è fortemente ridimensionato). E sarà soprattutto una sconfitta per le Sardine, visto che il voto in Emilia rappresenta la loro prima uscita ufficiale.

Si capirà se quelle piazze piene erano davvero il simbolo di una società civile desiderosa di riscossa e decisa a non arrendersi all’avanzata della Lega, o erano soltanto una bolla mediatica, ovvero folle mobilitate e pilotate dal Pd e da Leu per dimostrare che esiste ancora un popolo di sinistra. In quest’ultimo caso le Sardine potranno dirsi morte ancor prima di essere nate.

Il voto di domenica poi metterà la classe politica dei 5 Stelle davanti ad un bivio, con o senza il capo politico. Fino ad oggi la parola d’ordine dei pentastellati è stata quella di non contaminarsi con nessun partito e di non siglare alleanze a livello territoriale. Questa strategia ha condotto il Movimento all’irrilevanza e adesso se vorrà rilanciarsi e sopravvivere non potrà non affrontare anche il nodo del rapporto con i territori. Avendo davanti due strade, che però assomigliano tanto a due vicoli ciechi: continuare la politica dell’equidistanza, con il risultato di restare eternamentee in terza posizione (finito il tempo dei miracoli Raggi e Appendino), o aprire ad alleanze con il Pd con il rischio di finire fagocitati. Un rebus non da poco per Grillo e company, o per quel che da qui alle prossime settimane resterà del Movimento.

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