Governo. Stefania Craxi, Conte e la via moderna alla sovranità nazionale

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Lei dice che non se l’aspettava “anche se qualche esperienza in materia ce l’ho”. Ma la bomba è esplosa lo stesso.

Stefania Craxi, neo-presidente forzista della commissione esteri al Senato, ha avuto il merito di ampliare le crepe dentro la maggioranza draghiana, già alle prese con molte fibrillazioni interne (la crisi economica, il caro-bollette, la guerra, le armi da mandare in Ucraina); sussulti in gran parte dovuti alla prossima consultazione elettorale. Un appuntamento che i partiti, gli uni contro gli altri armati, stanno vivendo con ansia e preoccupazione. A cominciare dai grillini che ritenevano la commissione una loro prerogativa, una loro proprietà privata. E invece no, decisione è scaturita in base a un naturale riposizionamento, dovuto ai nuovi equilibri parlamentari.

Tradotto, i 5Stelle contano sempre di meno, per questo Conte, pure per ragioni intestine, sta tirando la corda, minacciando ripercussioni, sganciandosi progressivamente e strategicamente dall’abbraccio di Letta (il difficile decollo dell’area riformista). Peccato che come Salvini, da qualche mese, abbaia ma non morde.
A parte le polemiche circa un’altra maggioranza, che a detta dell’Avvocato, andrebbe da Fdi a Renzi, il problema indigeribile per i grillini è il nome Craxi: evocativo per loro della casta, della prima Repubblica, della corruzione partitocratica. Cioè, il male assoluto.

Stefania Craxi, ovviamente, non ha risposto alle accuse, e ha ribadito che la politica estera “non deve essere argomento di divisione”.
Ma se c’è un elemento di continuità rispetto al craxismo, non è propriamente quello che pensa Conte, ma la filosofia del leader storico socialista: Sigonella. Qualcuno ricorda cosa ha significato per la nostra storia repubblicana? Sovranità, indipendenza e fierezza nazionale, in quel caso, resistendo agli Usa. Stesso schema oggi?
La neo presidente è stata chiara: “Filo-atlantismo senza tentennamenti e al contempo senza subalternità”. Un modo per attualizzare il padre nel contesto odierno. L’Italia ha il diritto e il dovere di giocare una propria partita, di svolgere un proprio ruolo sia verso gli Usa, sia verso la Ue. Questo è il modo per onorare una sovranità che non vuol dire chiusura, sterile sovranismo, ma leadership: “Le ragioni che stiamo difendendo come Occidente nel conflitto ucraino sono le stesse ragioni che mossero mio padre nel chiedere rispetto all’alleato americano: impedire che lo scenario internazionale sia governato dalle leggi della prepotenza e non da quelle del diritto”.

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