Se la crisi del grillismo ha prodotto in pochi anni, un irreversibile “effetto-metastasi” presso gli elettori (Conte, secondo gli ultimi sondaggi, avrebbe ora, in vista delle prossime politiche, solo il 12%, Di Maio il 2%, infatti a ottobre ha detto che farà una “cosa centrista” più grande), lo stesso “effetto-metastasi”, lasciando perdere la transumanza parlamentare (deputati e senatori in fuga nei gruppi misti o in altri partiti), si registra presso i capi e i simboli esterni riconosciuti dei 5Stelle.
Quelli interni sono noti: Conte ha perso fascino, autorevolezza e incisività. Viene contestato dentro, fuori il partito e dal guru Grillo. Colpito come Salvini dalla “sindrome di lotta e di governo”, rischia di imitare pure lui il Papeete. A luglio sarà costretto a decidere se uscire o restare al governo. Oppure, accontentarsi di un documento dove sicuramente il premier prometterà di attenersi al perimetro di alcune richieste del Movimento, visto che già le armi e il termovalorizzatore le hanno cassate spontaneamente, fattore che ha insospettito molti osservatori.
E in qualsiasi caso, se andrà al mare a luglio, a settembre dovrà inventarsi una via d’uscita. Se continuerà con questa strategia perderà governisti e barricaderi.
A proposito di barricaderi: Di Battista, potrebbe rientrare in partita. Lui incarna realmente il grillismo1.0, quello tradito su tutti i versanti dall’evoluzione-involuzione del Movimento (esperienza giallo-verde, giallo-rossa, draghiana).
Anche perché la differenza tra Di Maio e Conte non si comprende: entrambi pensano a un partito moderato, liberale, ecologista, filo-Recovery, atlantista.
Per ora Di Battista sta dietro le quinte e continua a fare viaggi pubblicati sul Fatto quotidiano.
Altro leader interno è la Raggi che da settimane dà nuovi segni di vita politica. E’ vero che è uscita male dell’esperienza capitolina, ma ha un tesoretto politico che potrebbe farla avvicinare oggettivamente a Di Battista. Sui vaccini e l’anti-casta si è dimostrata coraggiosamente coerente col passato.
Simboli esterni: Travaglio e Santoro. Di fatto sono le bandiere giornalistiche di un’area di dissenso al politicamente corretto, all’attuale pensiero unico (sia sui vaccini, sia sulla guerra in Ucraina), e sostenitori dei temi che hanno portato i 5Stelle a essere il primo partito alle scorse elezioni. Su tutto, la moralizzazione della vita pubblica, della politica e il giustizialismo.
Dove si collocherebbero questi capi interni ed esterni? Quali target di riferimento?
Lo scrive Alessandro Trocino sul Corriere della Sera: Di Maio centrista, Conte laburista (pure se spina nel fianco del Pd e incubo per Renzi e Calenda), Di Battista e forse la Raggi, trasversali, contigui all’euroscettico-sovranista Paragone.
Sarebbero belle e suggestive ipotesi. Così il grillismo che all’interno assorbiva anime di destra, di sinistra e alternative, potrebbe ricomprendere le stesse anime con tanti partiti separati.
Totò diceva che: “E’ la somma che fa il totale”. Ecco, in questo caso, la somma non farà mai più il totale di prima.