Sbarchi, Cei critica ma realistica. E c’è chi sta col governo

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La vicenda degli sbarchi di questi giorni sulle coste siciliane ha riacceso lo scontro a distanza fra il governo italiano e parte del mondo cattolico, compresa la Conferenza Episcopale che aveva salutato la vittoria del centrodestra con molta prudenza. Ma a leggere ieri la prima pagina di Avvenire, il quotidiano della Cei, si aveva come la sensazione di essere tornati al tempo del Conte 1, alle copertine modello “Vade Retro Salvini” contro l’allora ministro dell’Interno accusato di disumanità, e alle crociate di vescovi e preti contro i decreti sicurezza. Stavolta sotto accusa è finita la politica degli sbarchi selettivi adottatta dal governo Meloni.

“Fronte disumanitario” era il titolo di prima pagina di Avvenire con riferimento all’asse che si è creato fra Italia, Grecia, Malta e Cipro per fermare l’azione delle navi delle Ong e per chiedere un impegno comune per far sì che rispettino il diritto internazionale

Ma ieri ha parlato anche papa Francesco. Ovviamente non è entrato direttamente nelle polemiche che investono l’Italia, ma le sue dichiarazioni sono risultate chiaramente come una critica a quei Paesi che si mostrano rigidi rispetto all’accoglienza. “Anche oggi, molto più di ieri, tanti fratelli e sorelle, provati e sconfortati, migrano in cerca di speranza, e tante persone vivono nella precarietà per la mancanza di occupazione o per condizioni lavorative ingiuste e indegne. E anche oggi i poveri sono le vittime più penalizzate di ogni crisi. Ma, se il nostro cuore è ovattato e indifferente, non riusciamo a sentire il loro flebile grido di dolore, a piangere con loro e per loro, a vedere quanta solitudine e angoscia si nascondono anche negli angoli dimenticati delle nostre città” ha detto il pontefice.

Ma la chiosa finale sta nell’attacco ai populisti: “Facciamo nostro l’invito forte e chiaro del Vangelo a non lasciarci ingannare. Non diamo ascolto ai profeti di sventura; non facciamoci incantare dalle sirene del populismo, che strumentalizza i bisogni del popolo proponendo soluzioni troppo facili e sbrigative. Non seguiamo i falsi “messia” che, in nome del guadagno, proclamano ricette utili solo ad accrescere la ricchezza di pochi, condannando i poveri all’emarginazione”. Discorso perfettamente coerente e condivisibile all’interno dell’omelia per la Giornata dei poveri, ma che inevitabilmente ha prestato il fianco alle strumentalizzazioni, come sempre avviene quando il papa parla di accoglienza (per essere poi puntualmente ignorato se difende i temi etici).

Ma le parole di Francesco arrivano al termine di una settimana che ha visto parte della gerarchia in Italia chiaramente schierata su posizioni contrarie alla politica del governo Meloni. Ha iniziato il vescovo di Catania Luigi Renna che ha bocciato gli sbarchi selettivi: “Ho visto una grande accoglienza da parte dei medici e di tutte le persone impegnate nelle operazioni, però mi sono reso conto anche del grave disagio che stanno vivendo le persone che non sono state autorizzate a raggiungere terra, la forma dello sbarco selettivo non è quella giusta” ha denunciato il prelato nei giorni del braccio di ferro fra governo e Ong.

Gli ha poi fatto eco monsignor Gian Carlo Perego, presidente della Commissione Cei che si occupa di immigrazione, oltre che presidente della fondazione Migrantes, che però ha guardato non soltanto il dito ma anche la luna: “Affrontare in questa maniera la situazione che sappiamo – ha detto l’esponente della Cei – e cioè di persone in fuga, visto che conosciamo i Paesi da cui provengono, attraverso una selezione o fermando in mare per diversi giorni e non prevedendo il soccorso di tutte queste persone, mi sembra un attacco alla democrazia e anche un rischio grave. Anziché modificare il regolamento di Dublino e impegnare tutte le nazioni europee in una solidarietà, come si era avviato con i 21 Paesi Ue, c’è il rischio che si ritorni ai nazionalismi e l’Italia in questo caso corre il rischio di restare sola ad affrontare la situazione, essendo al confine, mentre per noi è molto importante un coinvolgimento di tutti i Paesi europei”.

Il presidente della Cei Matteo Zuppi con molta diplomazia ha evitato lo scontro diretto con il governo e ha preferito rivolgersi direttamente all’Europa: “Quello delle migrazioni è un problema che va affrontato insieme, l’Europa deve aiutare tutti i paesi compresa l’Italia che sono più esposti all’immigrazione, forse c’è da concentrarsi in maniera, come abbiamo detto in tanti anni, costruttiva e non divisiva”.

Insomma la Cei è critica ma realistica. Non condivide la politica del governo Meloni ma riconosce che serve un intervento dell’Europa, altrimenti la situazione non potrà che esasperarsi e l’Italia da sola oggettivamente non può farsi carico di accogliere tutti.

Il giornale dei vescovi però non la pensa così e sembra schierarsi su una linea di ferma opposizione. Al titolo “fronte disumanitario”già ciotato, ha aggiunto un editoriale di Maurizio Ambrosini anche questo dal titolo molto dirompente: “Sui profughi disumanità diffusa”. “Viviamo un tempo fosco in cui le persone in fuga diventano «armi di una guerra ibrida», ai confini della Polonia – scrive l’editorialista – «carico residuale» sulle coste italiane, «animali» nel linguaggio di Donald Trump. Si cercano e ottengono voti respingendo le persone, oppure deportandole da un’altra parte. Basti pensare al tentativo di Danimarca e Regno Unito di trasferire i richiedenti asilo in altri continenti”. E sull’Italia: “Ma che cosa c’è di vero nell’idea dell’Italia «lasciata sola» a fronteggiare gli afflussi di profughi? Non molto, in verità, se si allarga lo sguardo dagli approdi via mare (e dalla parte minima di essi derivanti dai salvataggi in mare operati da Ong internazionali) all’accoglienza delle persone in cerca di protezione internazionale: quelle in definitiva che comportano oneri di ospitalità e presa in carico da parte degli Stati riceventi”. Come dire che l’Italia avrebbe poco da lamentarsi.

Unica voce apertamente favorevole al governo italiano è quella di monsignor Antonio Suetta vescovo di Ventimiglia-Sanremo che giudica inaccettabile l’atteggiamento della Francia, lui che vive la realtà di confine: “Io faccio notare come l’atteggiamento della Francia nei confronti di Ventimiglia sia un atteggiamento, da un punto di vista dei migranti, non improntato ad umanità e, dal punto di vista della solidarietà europea, sia poco leale”. Della serie: da che pulpito arriva la predica visto che i francesi si stanno facendo paladini dell’accoglienza sulla pelle dell’Italia.

Monsignor Suetta non se la sente di condannare la politica del governo italiano: “Ci sono due aspetti da considerare: uno è la redistribuzione dei migranti nel contesto europeo, ed è vero che questo si fa, ma è altrettanto vero che questo deve essere fatto nelle adeguate proporzioni. C’è poi un secondo aspetto, che l’Italia per ragioni geografiche si trova in un avamposto e di conseguenza deve essere sostenuta e coadiuvata anche in questo speciale frangente. Vero è che la maggior parte dei migranti non vogliono fermarsi in Italia ma è altrettanto vero che almeno all’inizio della loro avventura in Europa hanno a che fare con l’Italia, quindi questo deve essere un aspetto adeguatamente gestito. Mi auguro – conclude – che sia l’Europa ad assumere quanto prima la regia di una gestione completa del fenomeno in tutti i suoi aspetti, il che vuole dire accoglienza e redistribuzione”.

Insomma, ancora una volta la Chiesa sembra parlare linguaggi diversi pur partendo da un unico presupposto: ovvero che i migranti vanno accolti. Ma forse ci si dimentica con troppa facilità che sia San Giovanni Paolo II che Benedetto XVI hanno insegnato che, prima del diritto di emigrare, dovrebbe esistere il diritto di vivere dignitosamente nella propria terra. Perché se c’è la povertà e le persone scappano, la risposta migliore non sta nell’accoglierle tutte, per poi farle vivere da stranieri e in condizioni non propriamente dignitose; come in Francia nelle ben note banlieue che sono vere e proprie z0ne franche in cui la povertà e il degrado hanno favorioto il dilagare dell’integralismo islamico.

 

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