Riforme, parla Becchi: “Il premierato unica strada, Meloni non faccia errori”

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Giorgia Meloni ha aperto il confronto con le opposizioni sulle riforme costituzionali e oggi incontrerà i suoi leader per un primo faccia a faccia. Ma il percorso è complesso soprattutto perché da parte del Pd non sembra esserci una reale volontà di riformare lo Stato. Del resto tutti i tentativi fatti fino ad oggi sono falliti e difficilmente potranno avere successo oggi con un’opposizione che ha nei confronti di questo governo un evidente pregiudizio antifascista; ma Meloni è decisa ad andare avanti e a portare a casa le riforme, dicendosi pronta a farle anche senza il contribuito delle minoranze parlamentari. Ci riuscirà? Lo abbiamo chiesto al filosofo Paolo Becchi, docente di filosofia del diritto e impegnato da anni, anche attraversio un’intensa produzione saggistica, proprio a sostegno di una riforma della Costituzione che dia forza al sovranismo.

Professore, con Meloni può essere la volta buona per portare a casa le riforme costituzionali?

“Credo sia la volta buona, se però Meloni sarà brava ad impostare la cosa in un certo modo. Le nostre istituzioni sono già evolute in una certa direzione che non è però né quella del presidenzialismo all’americana, né quella del presidenzialismo alla francese. Una proposta seria che potrebbe trovare un accordo almeno in una parte dell’opposizione, e mi riferisco particolarmente all’area di centro, potrebbe essere quella del premierato. Non dimentichi che negli anni ’90 questa ipotesi fu già proposta, ma poi scartata per fare posto al semipresidenzialismo che non vide mai la luce perché la bicamerale fallì. Perché invece non ripartire dal premierato che oggi mi sembra l’ipotesi più realistica?

Però la segretaria del Pd Elly Schlein ha già detto che il premierato non è una priorità, quindi in un certo senso non sembra mostrare grande interesse per le riforme. 

“Non capisco come il Pd possa dire di No al premierato, visto che la proposta fu parte del programma elettorale dell’Ulivo nel 1996. Ciò premesso qualcuno dovrebbe spiegarmi che competenze ha l’attuale segretaria del Pd in materia di riforme costituzionali. Con tutto il rispetto, una leader politica che ha bisogno di una consulente per farsi dire il colore del vestito da indossare a seconda delle situazioni, può affrontare temi come il premierato e la riforma delle istituzioni? Io stesso che sono un filosofo del diritto e non un costituzionalista, quando mi trovo a trattare questi temi mi consulto con i miei colleghi di diritto costituzionale o con dei giuristi e avvocati. Ho l’impressione che i colloqui di oggi non serviranno a nulla. Non va meglio infatti sul fronte del Movimento 5Stelle dove c’è Conte che mi pare interessato unicamente ad un’opposizione pregiudiziale, basata sul No a tutto”.

Perché è così pessimista?

“Ma cosa vuole ottenere da questa opposizione? Schlein probabilmente ignora pure che la proposta del premierato era parte integrante del programma elettorale dell’Ulivo ed era fortemente sponsorizzata dall’allora senatore del Pds Cesare Salvi. Quel programma, recuperando lo spirito referendario dei primi anni ’90, proponeva una riforma dello Stato incentrata proprio sulla figura del primo ministro quale garante della volontà popolare e della stabilità dei governi. Basti vedere la risposta che Schlein ha già dato, ovvero che le riforme costituzionali non sono una priorità, per avere la conferma di trovarci di fronte un pesce fuor d’acqua. Ho l’impressione che Schlein se catapultata fuori da temi come i diritti Lgbt, le nozze e le adozioni gay, l’eutanasia legale, la legalizzazione della cannabis, l’ecologismo ecc. non sappia nemmeno dove andare”

Perché lei professore sostiene il premierato e boccia il presidenzialismo?

“Perché ritengo il sistema americano improponibile per noi, e quello francese molto complicato da attuare. Mettiamo il caso che, come avvenuto spesso in passato a Parigi, ci si debba trovare in una situazione di coabitazione, ovvero con un presidente della Repubblica di destra e il primo ministro di sinistra o viceversa. In Francia la coabitazione è difficile ma possibile, da noi sarebbe impensabile, si creerebbe un caos infinito. Il presidenzialismo non è nella natura delle nostre istituzioni. E’ invece essenziale a mio giudizio riconoscere un ruolo decisivo e centrale al primo ministro. Il premierato è dunque l’ipotesi più sostenibile anche perché non toglierebbe poteri al Parlamento. L’aspetto più rilevante del premierato però sta nel dare più potere agli elettori, che voterebbero così il partito di riferimento ma anche il premier ad esso collegato che a quel punto avrebbe una chiara investitura popolare. Sarebbero insomma i cittadini ad eleggere direttamente il governo e non ci ritroveremmo più con presidenti del consiglio usciti dalle manovre di palazzo. Mi pare poi che sul premierato ci sia già la convergenza dei partiti di centro, quelli del cosiddetto terzo polo, quindi è già un buon punto di partenza”.

Cosa deve fare Meloni secondo lei per portare a casa le riforme?

“Innanzitutto deve proporre il premierato proprio per spuntare le armi ad un Pd, che a quel punto dovrebbe spiegare per quale motivo rinnega oggi ciò che aveva proposto e sostenuto in passato. Riproporre il semipresidenzialismo sarebbe invece secondo me un grosso errore, visto che questa strada tentata a suo tempo da D’Alema è già fallita. Cosa potrebbe dire Schlein invece contro il premierato? Che non sa che cos’é? Oppure che il Pd oggi non c’entra niente con l’Ulivo di un tempo? Penso che chi nel Pd ha ancora un minimo di conoscenza storica, non possa non prendere in seria considerazione la proposta, anche se effettivamente molti rappresentanti della stagione ulivista non ci sono più. Ma non si può cancellare o rinnegare completamente il passato. Poi per carità, se dalle opposizioni arriveranno altri tipi di proposte è sempre giusto discutere. Lo si può fare istituendo una commissione bicamerale se dall’altra parte ci sarà una reale volontà di dialogo e di collaborazione

Un’altra bicamerale? Ma non sono già fallite abbastanza in passato?

“Se c’è l’accordo fra le forze politiche si può fare, magari estendendola anche a soggetti esterni al Parlamento, non necessariamente dei costituzionalisti ma anche studiosi o altri soggetti in grado di fornire contributi interessanti. Ma se dovesse emergere un No pregiudiziale alle riforme, allora tanto vale andare avanti da soli, con la maggioranza solida che ha il centrodestra e aprendo a quelle forze di centro che si sono dette disponibili sul premierato”.

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