Domenica 17 settembre sarà un bel giorno per Marine Le Pen. Ha annunciato con enfasi che sarà a Pontida, storico appuntamento della Lega. Invitata da Matteo Salvini.
Apriti cielo: la sinistra non ha perso l’occasione per etichettare il governo di “fascismo” e autoritarismo, e dentro la maggioranza (Forza Italia strepita e Fdi è in forte imbarazzo), si registra qualche scricchiolio, nonostante la Meloni cerchi e dica in tutte le salse che bisogna essere compatti e che l’esecutivo è coeso.
La ragione è semplice: sono iniziate le danze in vista delle prossime europee. E siccome si voterà col proporzionale, i partiti, da oggi in avanti, si impegneranno soltanto a distinguersi per mantenere, conquistare o riconquistare i rispettivi target.
La presenza della leader della destra francese, va ammesso, dà indubbiamente fastidio alla Meloni, perché, al di là delle dichiarazioni diplomatiche tolleranti, il suo disegno di nuovo partito conservatore a Bruxelles capace di rompere l’attuale asse-Ppe-Pse, è opposto a quello di Salvini, il quale dal canto suo, tenta da settimane di agganciare pure la destra sovranista al futuro asse; destra sovranista al momento esclusa.
Forza Italia balla tra due fuochi: se prevale la logica italiana gli azzurri potrebbero essere il motore della nuova alleanza “Ppe-conservatori”, ma le dichiarazioni del presidente del gruppo popolare Weber, per ora non lasciano troppe speranze: ha ribadito che vuole confermare l’intesa tra popolari, socialisti e liberali; in pratica la stessa maggioranza Ursula, magari col Ppe primo partito.
A questo punto si comprende la manovra di Salvini: non restare al palo, protagonista da noi e comprimario nella Ue.
E’ da un pezzo che sta tornando a quella strategia nazionalista (il primato degli italiani) che sembrava aver abbandonato, dato il successo di Fdi con relativo travaso di quelli che un tempo sono stati i suoi voti.
Infatti, all’ultimo congresso federale aveva giurato ai maggiorenti della Lega (i governatori del Nord), ovviamente per restare in sella, di riprendere la linea padana, nordista e federalista e di usare il ruolo di ministro e di vice-premier per propagandare e rafforzare unicamente il Carroccio, pure a scapito dell’unità e stabilità di Palazzo Chigi.
Ma non era sincero. Appena ha potuto ha ripreso a intercettare quello scontento sovranista che il pragmatismo della Meloni ha favorito.
In molti a destra non perdonano alla premier la politica totalmente continuista con Draghi in economia e poco sovranista in politica estera (l’atlantismo fideistico, l’eccessivo schiacciamento con Bruxelles, la posizione sulla guerra in Ucraina).
Un segmento deluso già al centro dei desiderata di Alemanno e di ciò che ha in mente: movimento, partito a destra di Fdi?
Quindi, è ripartita la competizione a destra. In tale ottica si inquadra l’apertura di Salvini verso il generale Vannacci che ha avuto la capacità di rappresentare con forza un mondo e un modo di pensare maggioritario nel Paese, sottomesso dal pensiero unico laicista e dal mainstream; e adesso l’invito alla Le Pen.
Marine ancora il mostro della democrazia? Molti osservatori, anziché demonizzarla, dovrebbero studiare il corso “blu” che da un decennio ha inaugurato: quella destra sociale attualizzata che la Meloni non sempre riesce a valorizzare e far emergere, per i noti equilibri di potere, nazionali e internazionali.