Tweet della discordia, protagonisti Salvini e Berlusconi.
“Salvini ha da tempo cambiato posizione e non ha più l’idea di uscire dall’euro. Sa che è tecnicamente impossibile e comunque insostenibile per la nostra economia”.
E’ quanto ribadito dal leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, prima con un intervento a Radio Capital, poi con un tweet che non ha mancato di suscitare forti malumori.
“Cosa ne è adesso del sogno dei sovranisti e della coerenza e dignità di un partito come la Lega di Salvini che ha incentrato la sua comunicazione sulla promessa di uscita dall’euro?” si è chiesta su twitter Ilaria Bifarini, giovane economista e attenta a sottolineare il mutamento del leader del Carroccio in versione “Di Maio”.
Eh sì, perché guarda caso proprio nelle ultime ore anche il candidato premier del Movimento 5Stelle ha escluso l’uscita dall’euro nel caso in cui i grillini dovessero andare al governo.
Non c’è che dire: Berlusconi come il classico lupo, perde il pelo ma non il vizio quello cioè di mettere in difficoltà i suoi alleati per salvarsi. Di fronte a quanti lo stanno attaccando in queste ore, evidenziando l’oggettiva difficoltà di tenere unito un ipotetico governo di centrodestra a causa delle posizioni anti-euro di Salvini, l’ex premier non sembra farsi scrupolo di mettere nei guai il principale alleato della coalizione, quasi dettando lui stesso la linea del Carroccio interpretando (liberamente?) il pensiero del segretario leghista.
Ma se rilasciare certe dichiarazioni può tornare utile a Berlusconi per tranquillizzare i moderati e filo europeisti del centrodestra, oltre che i partner europei del Partito Popolare, una mossa del genere non può che recare seri danni politici alla Lega.
Soprattutto perché Salvini e company la loro battaglia identitaria, sovranista e anti-europeista, dovranno necessariamente portarla avanti per accaparrare più consensi possibili nel proporzionale tentando di superare Forza Italia e attestarsi come primo partito del centrodestra: soltanto così Salvini potrà sperare di rivendicare la premiership, disinnescando le mosse ostili, sia esterne (Berlusconi) che interne (Bossi-Maroni).
E per convincere più elettori possibili a sbarrare nel proporzionale il simbolo del Carroccio con la scritta “Salvini-premier”, dovrà necessariamente parlare alla pancia del popolo cavalcando quei temi, come appunto l’uscita dall’euro, che hanno portato negli ultimi anni la Lega a superare spesso FI nei sondaggi.
Anche il leader forzista è però consapevole di dover vincere, oltre che la sfida con Pd ed M5S anche e soprattutto quella interna con Salvini e ha tutto l’interesse a spuntare le armi alla propaganda leghista facendo passare di Salvini l’immagine di un leader fondamentalmente moderato e non populista come viene etichettato: una sorta di “can che abbaia ma non morde”, interessato principalmente a vincere le elezioni anche sacrificando le posizioni più estreme. E pare ci stia riuscendo anche molto bene.
Del resto non è la prima volta che Berlusconi prova a mettere in seria difficoltà il proprio scomodo alleato. Lo ha già fatto annunciando in anteprima la formazione del governo e lanciando in pista candidature alla premiership, leggi il generale Gallitelli, non concordate con nessuno oltre che con se stesso e pensate su misura proprio per dimostrare agli elettori che è sempre lui a guidare i giochi.
Alla fine Silvio è riuscito a riproporre il modello Casa delle Libertà, con una Forza Italia centrale, nel ruolo di asse della coalizione, e tutti gli alleati in funzione di seconde, terze e quarte gambe.
A Salvini come detto non rimane che giocarsi la carta del proporzionale, ma è evidente come ad essere in difficoltà in questo momento sia soprattutto lui, stretto dalle spinte sovraniste e lepeniste che tanto successo gli hanno assicurato e l’esigenza di parare i colpi sferrati dai suoi oppositori interni rimasti fedeli all’idea della Lega preminentemente nordista, autonomista e indipendentista modello Zaia.
Il fatto che ieri Salvini sia intervenuto per ribadire a chiare lettere che a Maroni non sarà dato nessun futuro incarico di governo, la dice lunga sul clima che regna nel Carroccio.
E oggi il via libera di Berlusconi al leghista Attilio Fontana come candidato governatore al posto di Maroni (nonostante i dubbi dei forzisti lombardi alla Paolo Romani che lo ritengono candidato debole e dallo scarso appeal) sembra suonare come la conferma del tanto temuto inciucio con Renzi nel nome dell’ex uomo Mediaset e renziano doc Giorgio Gori.
Con la Lombardia trasformata in laboratorio delle larghe intese. Alla faccia del notaio tanto invocato da Salvini.