Carlo Calenda, titolare dello Sviluppo Economico, neo-acquisto Pd, sembra avere le idee chiare, certamente non solo sue. Se da una parte, dimostra una certa delusione per la situazione interna al suo partito addossando le colpe a Matteo Renzi (“abbiamo cercato di motivare le persone parlando solo del futuro, piuttosto che partire dalle angosce del presente. Recuperare la centralità della rappresentanza vuol dire dare cittadinanza alle paure diffuse”); dall’altra elogia Matteo Salvini per l’apertura implicita di ieri ad un eventuale governo istituzionale capace di chiudere i conti con la seconda Repubblica, varando finalmente la Terza (concetto ormai scippato a Luigi Di Maio).
Per Calenda tale esecutivo dovrebbe approvare un sistema elettorale a doppio turno, la famosa clausola di supremazia, per recuperare un po’ di sovranità nazionale e realizzare un maggiore federalismo. Il che, riletto e decodificato, significa un pizzico di Lega, un pizzico di Fi e un pizzico di Pd. Temi, guarda caso, depurati dagli argomenti pericolosi, invisi alla Ue: immigrazione, euroscetticismo etc.
Un’intervista, quella del ministro, capitata a caso? No, se consideriamo il rompicapo che è chiamato a risolvere il capo dello Stato Sergio Mattarella, il quale nella giornata di lunedì, molto probabilmente, darà il pre-incarico a Matteo Salvini, in qualità di leader della coalizione vincente, o ad una figura di mediazione (Giorgetti), o a una figura terza, sempre gradita alla Lega.
Il presidente, come è noto, non ama il Carroccio. Viene da una storia, una tradizione e un dna totalmente differenti: il cattolicesimo sociale, più aperto alla sinistra politica nel senso classico. Ma il suo ruolo gli impone di arbitrare l’attuale situazione, l’attuale fotografia delle forze in campo, come emersa dal voto del 4 marzo, e cioè il caos. Caos che può preparare il nuovo (nuove categorie, come ad esempio alto-basso, popoli contro caste), oppure configurare il ritorno del vecchio schema della politica (destra vs sinistra).
Insomma, il Quirinale può certificare sia il tripolarismo futuribile, sia il bipolarismo, ma non nel senso che abbiamo conosciuto finora (almeno dal 1994, dall’avvento di Silvio Berlusconi): centro-destra contro centro-sinistra. L’idea che avrebbe in mente Mattarella, dopo aver circostanziato l’esplorazione della Casellati e di Fico, la seconda e la terza carica dello Stato, a perimetri obbligati (la prima costretta nel recinto “centro-destra-5Stelle”; il secondo costretto nel recinto “5Stelle-Pd”) è una riedizione inconsueta del bipolarismo: centro-destra-Pd. Una sorta di rilancio del patto del Nazareno 3.0 benedetto dal Colle.
Sarebbe l’ultimo tentativo prima di ricorrere al governissimo di tutti (questa carta il capo dello Stato se la custodisce gelosamente nei cassetti). Vede come fumo negli occhi il voto a giugno (impossibile tecnicamente per la legge Tremaglia), e il voto a ottobre (per le emergenze economiche, gli impegni europei, la legge di Stabilità). Ergo, vuole resistere e assicurare la stabilità.
E Salvini, tirato per la giacchetta prima da Di Maio (che voleva sfilarlo a Silvio), poi dallo stesso Silvio (che ha fatto il guastatore contro ogni fuga verso Di Maio), che farà? Da artefice del cambiamento, a difensore del vecchio schema (il centro-destra berlusconiano), ora addirittura premier del patto del Nazareno 3.0 concepito dal Colle, che regalerebbe ai grillini il ruolo di unici oppositori?
Ecco le sue frasi sibilline: “Io voglio (il preincarico, ndr) fare un governo. Se non ci riuscissimo resterebbero le elezioni”. Ma con un’aggiunta non da poco: “Se il capo dello Stato dovesse scegliere in modo diverso, penso che il nome dovrebbe comunque spettare alla coalizione che ha vinto, il che deve valere sia per un governo non provvisorio, sia provvisorio”.
Chi ha orecchie per intendere intenda. E molto dipenderà dalle scelte della direzione del Pd: il mandato confermato al reggente Martina potrebbe essere propedeutico al dialogo col centro-destra. In questo caso, Renzi placherebbe le sue ire aventiniane e non collaborazioniste (anti-5Stelle) e potrebbe assecondare il progetto di Mattarella. Ma senza sforzo. Non sarebbe altro che il disegno che nel tempo del varo del Rosatellum2.0, aveva congegnato con Berlusconi (le Larghe Intese).
E naturalmente il Cavaliere gongola. Tutto cambi perché nulla cambi.