“Reddito di cittadinanza o dimissioni di Tria”. Sarebbe questo l’ultimatum lanciato dal Movimento 5Stelle all’indirizzo del ministro dell’Economia che si opporrebbe ad uno stanziamento massiccio di risorse, circa dieci miliardi, per consentire l’avvio del provvedimento. Pare che nelle ultime ore lo stesso Tria avrebbe manifestato la volontà di dimettersi di fronte alle continue pressioni che arriverebbero tanto dalla Lega che dai 5S. Nelle ultime ore Di Maio ha corretto il tiro smentendo la richiesta di dimissioni, ma i nodi restano tutti sul tavolo. Lo Speciale ne ha parlato con l’economista Antonio Maria Rinaldi, animatore del sito Scenari Economici.
LEGGI SU LO SPECIALE LE MOSSE DI TRIA
Salvini e Di Maio accusano Tria di essere poco coraggioso e troppo impaurito dalla reazione dei mercati e dello spread. Condivide?
“Partiamo con il dire che Tria è un tecnico e quindi ragiona con lenti diverse da quelle della politica. Io sono da sempre convinto della necessità di cambiare il sistema europeo, ma questo non può certo avvenire presentandosi a Bruxelles con le mazze ferrate o le taniche di benzina facendo gli incendiari. Serve presentare proposte concrete e convincenti. E’ interesse dell’Europa, prima ancora che nostro, avere un’Italia forte che non sia fanalino di coda, considerando che siamo la seconda impresa manifatturiera, seconda forza industriale nell’ambito della Ue. Quindi, se si propone un serio piano per il rilancio dell’economia e della crescita, a Bruxelles dovrebbero essere i più contenti”.
E come dovrebbe articolarsi questo piano?
“Deve essere credibile, fattibile e realmente ispirato alla crescita. Non ci si può presentare soltanto urlando e sbattendo i pugni sul tavolo. Penso che queste mie idee siano perfettamente in linea con il contratto di governo sottoscritto da M5S e Lega che prevede anche maggiore coraggio nello sforare i famosi numeri previsti dai trattati europei”.
Quindi effettivamente Tria mancherebbe di coraggio?
“Credo che vada capito realmente cosa significhi sforare il deficit. Ho l’impressione da questo punto di vista che le idee non siano molto chiare. Sforare il deficit significa lo 0,9% programmato precedentemente per il 2019? O quello che ci sta proponendo adesso la Commissione Europea di 1,5-1,6%? O ancora il 3% previsto dai trattati europei? Personalmente ritengo sia più che ragionevole sforare i primi due valori e andare verso un 2,2-2,3% che rappresenterebbe uno sforamento dell’1,5 % rispetto allo 0,9 previsto. Questo consentirebbe la messa in atto dei primi provvedimenti contemplati dal programma di governo per ciò che riguarda flat tax, reddito di cittadinanza e superamento della Legge Fornero, accompagnati da risorse provenienti dalla cosiddetta pace fiscale”.
Sta proponendo un condono fiscale?
“No, è una cosa completamente diversa. Pace fiscale significa andare a chiudere contenziosi che non hanno per protagonisti evasori che non hanno fatto le dichiarazioni, ma quei contribuenti che hanno dichiarato regolarmente tutto e non si sono trovati nelle condizioni di onorare le cartelle esattoriali. Si tratta di chiudere situazioni chiare, e non torbide, per restituire ai cittadini, alle famiglie e alle imprese la verginità creditizia, oggi negata proprio dal fatto di non avere la fedina fiscale pulita. Questo rappresenterebbe un grande salto di qualità”.
Si parla di un possibile compromesso all’interno del governo consistente nell’avvio della quota cento per le pensioni, terreno comune di Lega ed M5S ed investendo le prime risorse sul reddito di cittadinanza e flat tax. Tria sarebbe disposto a dare cinque miliardi, i 5S ne chiederebbero dieci. Come se ne esce?
“Aspettiamo i giusti tempi previsti dalla presentazione del Def che viene proposto dal governo, ma che ottiene poi una forte caratterizzazione con il passaggio parlamentare. Prima di addentrarci nei dettagli tecnici, credo sia necessario attendere la sua configurazione,determinata dalla volontà del governo di porre in essere le misure coraggiose richieste da Salvini e Di Maio. Spero che ciò avvenga, altrimenti verrebbe meno il cambiamento promesso nel contratto. Poi sarà fondamentale il passaggio parlamentare utile a definire i necessari compromessi per coniugare le spese con le coperture. Sperando che il tutto possa concretizzarsi con un deficit intorno al 2 -2,3% che accontenti tutti: i mercati spaventati dal 3% ma anche i partiti di governo che potranno veder conseguiti i propri obiettivi”.
Tria permettendo. A questo punto è bene che il ministro dell’Ecomnomia resti o che si faccia da parte? E’ una garanzia o un freno all’azione del governo?
“E’ un dettaglio a mio giudizio rilevante fino ad un certo punto. Come ho detto il Parlamento è sovrano, quindi il Def sarà la giusta sintesi fra le varie posizioni. Per quanto un ministro possa prodigarsi, alla fine fortunatamente l’ultima parola spetta sempre ai parlamentari eletti dai cittadini italiani. E’ in questi alla fine che io ripongo la massima fiducia”.