«Finalmente posso muovermi senza avere il freno a mano tirato». Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera sarebbero state queste le prime parole pronunciate dal premier Giuseppe Conte all’apertura del primo consiglio dei ministri del governo giallorosso. Il riferimento sarebbe in primo luogo al rapporto con l’Europa dove, come riporta il Corriere, negli ultimi mesi Conte sarebbe stato costretto ad estenuanti mediazioni a causa delle posizioni oltranziste della Lega e della diffidenza della Ue nei confronti dell’esecutivo gialloverde. Adesso, con la nomina di Paolo Gentiloni nella Commissione europea con un ruolo di primo piano, Conte vede davanti una strada tutta in discesa per quanto riguarda le trattative volte a rivedere le regole del Patto di stabilità. Sarà davvero così? Ne abbiamo parlato con l’europarlamentare della Lega Antonio Maria Rinaldi, componente del gruppo sovranista “Identità e Democrazia”, oltre che animatore del sito Scenari economici.
Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, Conte avrebbe dichiarato di poter finalmente lavorare in Europa senza più il “freno a mano” che la presenza della Lega nell’esecutivo di fatto comportava. Come risponde?
“La verità è che Conte non vuole dire come stanno davvero le cose, ovvero che Gentiloni sarà a tutti gli effetti il Ministro degli Esteri del suo governo. Anche i più sprovveduti lo hanno capito, tranne Di Maio evidentemente, che è stato buttato fuori da Palazzo Chigi, visto che non ricopre più l’incarico di vicepremier. Lo hanno confinato alla Farnesina, dove tutti sanno che governa un potente apparato che manda avanti le cose indipendentemente dal ministro, che se non è un uomo di caratura tale da imporre la sua linea, è destinato inevitabilmente a soccombere. Quindi se come ormai sembra certo Gentiloni sarà commissario europeo, sarà lui a guidare la politica estera dell’Italia. Lui conosce bene la Farnesina e sa come operare”.
Al Ministero dell’Economia c’è Roberto Gualtieri, un politico del Pd che però ha una lunga esperienza tecnica in sede europea. C’è chi dice che sarà una garanzia per la tenuta dei nostri conti pubblici e per una positiva interlocuzione con Bruxelles. Sarà davvero così?
“Gualtieri è stato uno dei grandi registi del Fiscal Compact prima e del bail in successivamente, ovvero le due misure più impopolari introdotte dall’Unione europea. Se devo essere sincero, con tutta la stima personale che posso nutrire per lui, credo che non sarà né un ministro politico, né tecnico, ma esclusivamente un garante della Commissione Ue. Nei confronti dell’Europa sarà colui che garantirà il corretto svolgimento dei compiti a casa che ci saranno dettati da Bruxelles, Francoforte e Strasburgo”.
Però c’è anche chi dice che in questo modo, ovvero mantenendo un buon rapporto con la Ue senza continui scontri e tensioni come è avvenuto negli ultimi mesi, sarà molto più facile ottenere concessioni, spazi di flessibilità e meno rigore sui conti. Non potrebbe essere questa una valida chiave di lettura?
“Dipende da quale angolazione si analizza tutta la situazione. Se si ritiene che sia stato un vantaggio per l’Italia aver accettato supinamente per anni tutte le decisioni imposte da Bruxelles allora forse sì, questo governo è sicuramente il migliore del mondo. Ma per chi ritiene che le misure dettate al nostro Paese non abbiano minimamente favorito i nostri interessi ma al contrario hanno penalizzato la crescita e lo sviluppo, questo nuovo esecutivo non può che essere la peggiore delle disgrazie”.
Altro tema caldo l’immigrazione. Ieri il nuovo governo ha subito impugnato la legge del Friuli Venezia Giulia relativa alla gestione dei migranti e alla destinazione dei fondi per l’integrazione, definendola discriminatoria. E’ il primo passo verso lo smantellamento graduale delle politiche di Salvini?
“Iniziamo con il dire che l’Italia avrebbe ben altri problemi da affrontare e tante risposte da dare in primo luogo agli italiani. Vedere che il primo atto assunto dal nuovo governo è quello di cancellare l’onta dei provvedimenti adottati dalla Lega in materia di immigrazione, certo è molto indicativo. Andare ad impugnare una legge del Friuli che riguarda proprio i migranti, penso dimostri senza ombra di dubbio la volontà di distruggere il buon lavoro fatto in questi quattordici mesi da Matteo Salvini al Viminale. Evidentemente tutto questo rientra nell’ambito degli accordi che sono stati presi a Bruxelles per avere il via libera al nuovo esecutivo. Non dimentichiamo che il motivo principale che ha scatenato in Europa la guerra contro Salvini e contro la Lega è stata proprio la chiusura dei porti”.
C’è chi sostiene che con l’uscita della Lega dal governo il sogno sovranista sia ormai svanito. Come risponde?
“Che perdere una battaglia non significa aver perso la guerra. Siamo onesti, smontare tutto quello che questa governance europea ha costruito negli anni non è facile, e non è affatto uno scherzo. Come ho più volte ribadito l’importante non è vincere le battaglie, ma la guerra, e alla fine tutti dovranno fare i conti con l’oste. In Italia la sovranità continua ad appartenere al popolo che prima o dopo sarà chiamato ad esercitarla. Non si potranno rinviare le elezioni all’infinito e sono certo che alla fine gli italiani diranno la loro, in modo chiaro e senza giochi di palazzo. Basta aspettare”.
Era proprio necessario staccare la spina al governo gialloverde?
“Penso che dopo il comportamento di Conte delle ultime settimane non vi siano più dubbi. E’ stato chiaro a tutti come non fosse possibile andare avanti con un premier che davanti al Parlamento ha definito l’alleanza con la Lega una grande sofferenza, quasi un calvario, una cosa che ha dovuto digerire con fatica perché in fondo lui verso i leghisti non ha mai avuto nessuna simpatia. Conte ha gettato la maschera, che in realtà il M5S aveva già gettato nel momento in cui ha votato Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Ue. Il voto dei 5 Stelle è stato determinante, altrimenti la signora non sarebbe stata eletta e si sarebbe aperta una trattativa molto serrata che avrebbe necessariamente comportato il coinvolgimento di tutte le forze politiche presenti nel Parlamento europeo. Von der Leyen ha vinto per nove voti, ciò significa che metà dei parlamentari europei non l’ha votata. Grazie ai 5 Stelle e a Conte invece la commissione è tornata nelle mani della Merkel. Noi abbiamo giocato sempre a carte scoperte, Conte e il M5S no”.