Intercettazioni. La destra dopo la cattura del boss divisa tra berlusconismo e manette

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Dopo le dichiarazioni del ministro Nordio sulle intercettazioni da utilizzare solo per reati di mafia e terrorismo, non come legittimazione di teoremi giudiziari a monte, orditi da qualche procura condizionata da pregiudizi ideologici, come è accaduto ad esempio, con Berlusconi e non solo, si è scatenata una guerra antica.
Da un lato, l’esigenza di giustizia e dell’altro, accanimenti, persecuzioni che poi si sono rivelate, dopo decenni di battaglie legali, spesso infondate.

Anche sulla vicenda relativa alla cattura di Matteo Messina Denaro, il duello tra omogenei al potere e complottisti si è riproposto. Certo, a onor del vero, non si può non notare che la comunicazione eroica, enfatica da parte dello Stato e del governo, cozzi, contrasti, con i troppi elementi opachi, che non solo hanno riguardato la dinamica della cattura del boss, ma trent’anni di latitanza. E che hanno a che vedere con le collusioni evidenti tra apparati istituzionali, ambienti politici, finanziari, bancari, massoneria, servizi deviati, borghesia agnostica, complice, e criminalità organizzata.

Abbiamo già scritto che sicuramente Matteo Messina Denaro non parlerà. Conviene a lui per non tradire la sua storia; conviene allo Stato così non farà nomi scottanti. E guarda caso nei covi scoperti dai Ros sono stati trovati solo scatoloni vuoti. Chi li ha svuotati? Lui stesso, prima di farsi prendere, viste le sue irreversibili condizioni di salute, o i Ros o chi per loro, ardimentosi di fa sparire liste, documenti compromettenti e scottanti?
Sugli effetti della cattura eccellente pesano poi, inquietanti interrogativi: è stato scaricato dalla mafia, o si è scaricato da solo dopo aver trasmesso il testimone?

Gli effetti sul governo e la coalizione di centro-destra sono però, interessanti e significativi. E hanno riportato in superficie un tema mai totalmente risolto: la questione giustizia che ha caratterizzato i decenni di gestione berlusconiana dello schieramento. Tradotto, la lotta ai magistrati “rossi”.
Gli attuali scricchiolii dentro la maggioranza riflettono distante antiche.

Giorgia Meloni, si è formata politicamente con Tangentopoli. Sulla cresta dell’indignazione nazionale dopo la morte di Falcone e Borsellino. La stessa destra (il Msi-Dn) divenne protagonista della fine della prima Repubblica in quanto partito alternativo al sistema corrotto, pulito e giustizialista.
L’abbraccio del Cavaliere, è servito sì allo sdoganamento per andare al governo, ma di fatto ha snaturato il Dna legalitario della destra. Il Msi diventato An, si è dovuto repentinamente trasformare in partito minoritario o subalterno dentro un orientamento imposto ultra-garantista, di mero riciclaggio del personale politico compromesso con Mani Pulite e complice degli interessi di Berlusconi (ex-dc, ex-socialisti); insomma il partito di Fini è andato all’opposto della sua ragione sociale. E’ stato berlusconizzato o si è fatto berlusconizzare.
E adesso, di fronte alla questione delle intercettazioni lo scontro tra il partito delle manette e quello degli avvocati, si è riacceso con Nordio a fare da mediatore o paciere.
Vincerà la Meloni, figlia della stagione dipietresca o gli azzurri, in cerca di visibilità anche per le prossime amministrative?

 

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