Friuli. Salvini recupera nel partito e nel governo. Fedriga non ripete “l’effetto Zaia”

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Avevamo scritto che Matteo Salvini avrebbe usato il suo ministero, la comunicazione geneticamente enfatica, legata al suo irrefrenabile, compulsivo protagonismo, non per il bene del governo Meloni, ma per risalire la china dentro il suo partito. Lo ha promesso chiudendo l’ultimo congresso federale, ottenendo dai suoi maggiorenti (i governatori del Nord che rumoreggiavano e stavano lavorando per defenestrarlo), il via libera a condizione: un anno di tempo per riuscirci. E così è stato.

Infatti, appena varato il nuovo esecutivo, ha iniziato a strombazzare in lungo e largo, reiterando la nota sua narrazione “populista”, che tanto lo ha premiato in passato. Ignorando le logiche e gli equilibri interni istituzionali, unicamente per tornare a intercettare, recuperare quell’elettorato che lo aveva portato in alto alle europee, e che gradualmente e inesorabilmente, la premier gli ha sottratto, completando lo scippo il 25 settembre.

Una comunicazione “di lotta e di governo”, che in talune circostanze ha rischiato di compromettere il rapporto con Palazzo Chigi: della serie (rimbrotti violenti della Meloni), “quando parli almeno avverti, concordalo prima”. Il momento massimo di rottura, quando ha esultato su twitter per la nave piena di migranti diretta in Francia, dicendo “vittoria”, suscitando tutti i problemi con Macron che abbiamo visto, e che poi, lentamente e faticosamente la Meloni ha ricucito.
Ma batti e batti, infilandosi nelle contraddizioni delle esternazioni dei ministri, è riuscito in una duplice operazione: sembrare coerente, in linea con le promesse elettorati ed evitare le continue mosse del gambero che sembrano caratterizzare molte, troppe, dichiarazioni dei suoi colleghi. Ritagliandosi il ruolo di “uomo del fare” non ideologico, ad esempio, la gestione potente e pragmatica, relativa al Ponte sullo Stretto, abbandonando tematiche spinose e ingestibili, come la sicurezza e l’immigrazione che al momento, non portano da nessuna parte.

E ancora: la riforma fiscale, i dubbi sul riarmo dell’Ucraina, il rivedere la parte a debito del Pnrr (obiezione che ha scatenato le ire della premier), sono stati tutti punti che hanno contribuito a invertire la tendenza.
E ora, il Capitano si gode la vittoria friulana (con Fedriga), che sancisce ulteriormente il potere dei governatori (dopo l’affermazione di Fontana in Lombardia), battendo come Lega di un punto percentuale Fdi (19 a 18), che alle politiche aveva ottenuto in zona addirittura il 31%, e superando la stessa lista personale del governatore, fermo al 17%.

Insomma, non è accaduto quello che è successo in Veneto: Zaia che ha cannibalizzato il Carroccio.
Tradotto: i maggiorenti del Nord confermano il target padano della Lega, ma non al punto di inficiare la linea sovranista nazionale imposta a suo tempo da Salvini.
Vedremo se il trend continuerà.

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