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Astensione shock per FdI e Lega, contro la violenza non si esprimono

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FdI e Lega hanno deciso di astenersi dalla votazione per l’adesione europea alla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, shock e confusione invadono l’europarlamento.

Si parla di sessismo, fascismo e misoginia ma tra gli astenuti sono molte le donne, due voti contrari arrivano proprio dalle leghiste Alessandra Basso e Susanna Ceccardi. Si può dunque davvero accusare la destra italiana di essere “favorevole alla violenza di genere”Una tale affermazione sarebbe paradossale, motivo per cui diventa necessario scavare più a fondo.

Quando il gioco politico funziona al meglio, la verità diventa irriconoscibile e se l’unico obiettivo è influenzare l’opinione pubblica, un voto strategico potrebbe risultare molto utile ai fini del consenso. Nonostante le critiche da parte dei partiti di opposizione siano legittime, ad essere incerti sono i fondamenti, è chiaro che tra l’astensione dal voto e la reale indifferenza al tema passi inevitabilmente un messaggio politico.

A difesa dalle accuse, il capo delegazione di FdI Carlo Fidanza, avrebbe giustificato l’astensione con la volontà di contestare il metodo di voto e l’ideologia gender apparentemente nascosta tra le righe.

Per quanto ben giustificato, il gioco politico che i partiti di Governo stanno perpetrando rischia di essere pericoloso.

Strumentalizzare situazioni istituzionali per propagandare posizioni politiche di rottura, mette in mostra un’ immaturità politica che mal si adegua al ruolo rappresentativo che il Governo dovrebbe ricoprire.

È un gioco che abbiamo già visto con il DdL Zan, in materia di omofobia, quando le fila sovraniste e conservatrici del Parlamento hanno portato avanti una battaglia aperta ed accesa ad un tema tanto sensibile quanto attuale. In quel caso l’errore sembrava risiedere nella scrittura del documento più che nel suo contenuto, il risultato però non cambiava: nell’immaginario internazionale, il Parlamento italiano aveva bloccato un disegno di legge inclusivo, divergendo dalla rotta europea.

A questo punto non resta che chiedersi quanto questa “politica dello scandalo” potrà fruttare all’Italia o quanto, invece, ci costerà.

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