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Superamento maggiore tutela. Intervista ad Amedeo Testa (FLAEI-CISL)

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Sul superamento della maggiore tutela nel mercato elettrico, Lo Speciale ha intervistato il segretario generale della FLAEI-CISL Amedeo Testa.

Segretario, il 10 gennaio prossimo tutti gli utenti domestici elettrici, tranne i cosiddetti vulnerabili, si troveranno nel mercato libero; perché siete contrari al superamento della maggiore tutela e ad allargare il mercato elettrico a tutte le forniture nazionali?

La domanda andrebbe rivolta a chi ha deciso che il tutto accada e proprio in questo momento; andrebbe posta a chi trae vantaggio da una simile scelta; a chi sostiene di avere una ragione accettabile di questo errore intempestivo e intollerabile.

E quale sarebbe allora il motivo di tale indifferibile scelta, chi sta sbagliando?

Semplice, 10 milioni di contratti oggi in fascia tutelata sono il tavolo apparecchiato, il boccone ghiotto per più di 700 venditori che da oltre 20 anni fingono di farsi concorrenza e propongono ai cittadini, con metodi da codice penale, fantasmagorici risparmi e opportunità di cui nessuno finora ha potuto godere.

Lei sostiene che le bollette del mercato libero sono superiori a quelle del mercato tutelato e che quindi i prezzi dell’elettricità liberalizzata sono più alti? Insomma che 10 milioni di italiani “vanno a perdere” con questa scelta?

Si 10 milioni. Io non esprimo opinioni personali. Sono 23 anni che opera il decreto Bersani, è la storia che parla: in condizioni di normalità chi non ha fatto scelte di mercato ha risparmiato il 23% in bolletta. Non lo affermo io, sta negli atti delle Autorità di settore. E questi cittadini, da gennaio prossimo, perderanno tali vantaggi per scelta ideologica, creando ulteriori difficoltà agli strati sociali economicamente più deboli, proprio mentre essi soffrono i rincari delle materie prime e dell’inflazione.

Ma non può negare che chi ha avuto i prezzi bloccati dell’elettricità per due anni, dopo il passaggio al mercato, ha beneficiato di bollette stabili e inferiori a quelle degli utenti tutelati, non ha subito i contraccolpi provocati da Putin.

E’ vero, questi casi, in una situazione transitoria inattesa e senza precedenti, hanno caricato sulle imprese venditrici i rincari; imprese che contavano sulla sostanziale stabilità dentro cui si sono crogiolati i mercati all’ingrosso negli ultimi 30 anni. Molte di loro hanno chiuso, altre si sono pesantemente indebitate e a lungo dovranno operare per recuperare le perdite, altre hanno disdettato le forniture che avevano sottoscritto come misura per accaparrarsi il cliente nella fase iniziale.

Insomma, par di capire che la FLAEI è contraria alla liberalizzazione e si oppone a qualunque misura venga introdotta per fare mercato.

Eh no, proprio no! Quei 10 milioni di italiani non sono degli sprovveduti. Noi sosteniamo da sempre che la liberalizzazione, almeno così com’è strutturata, non permette di abbassare i costi dell’energia elettrica e che gli utenti, dopo oltre venti anni dalla liberalizzazione, sono confusi, disorientati, raggirati per poi pagare una bolletta più alta. Fino ad oggi i margini di manovra che ha avuto un venditore non superano l’8% del costo del Kwh ……e allora, quali vantaggi finali egli può praticare all’utente finale una volta depurati i costi della sua attività? Semmai sarebbe utile guardare a quanto sono aumentati i costi strutturali del servizio e del funzionamento del sistema dopo il decreto Bersani, imposti dall’armamentario che oggi governa la liberalizzazione e che verosimilmente superano gli stessi costi della vendita.
La FLAEI si è battuta nel 1999 perché nascesse l’Acquirente Unico, rivendicato per assicurare vantaggi alle utenze che avevano difficoltà ad orientarsi e operare dentro un mercato complesso e inarrivabile ai più. Acquirente Unico che, si badi bene, è soggetto di mercato egli stesso, cosicché i suoi vantaggi sono assicurati agendo in regime di concorrenza. Nessuna protezione pubblica di tipo assistenziale dunque e tante economie di sistema. La sua funzione calmieratrice è stata decisiva nel contenere le tariffe del nostro paese nell’ultimo ventennio e privandosene si lascia alla “speculazione” dove fermare i costi finali.

E quindi Lei vorrebbe azzerare la decisione della totale apertura del mercato?

Io vorrei che si impedisse di aumentare le bollette in questo momento ai ceti popolari usando dirigismo ideologico per difendere un sistema che prima si riconsidera e meglio è. Oggi il quadro è del tutto diverso da quello vissuto a fine secolo scorso quando si è legiferato, e non soltanto per i modificati scenari geopolitici e per una diversa sensibilità ambientale, ma anche per l’avvento dirompente di tecnologie che forse consigliano più di un aggiustamento dei meccanismi di formazione dei prezzi. Quei meccanismi che peraltro hanno generato gli extraprofitti di cui tanto si parla. Insomma dopo decine di differimenti nei 23 anni trascorsi, mi sembra il momento meno idoneo per spostare dei costi a carico dei cittadini volendo astrattamente avvantaggiare un mercato che non funziona.

Non funziona e non può migliorare?

Il costo della materia prima energetica assorbe i due terzi di quello del Kwh. Questo, per un suo 80%, è soggetto -e lo sarà per molto tempo ancora- agli umori di mercati esteri che il nostro paese subisce. Un ulteriore quarto del costo del Kwh è determinato dalle Autorità di settore per il trasporto, la distribuzione e la misura. Per tutti gli operatori, con i medesimi criteri. Cosa resta per la concorrenza senza alzare i costi di vendita? Un Paese dipendente dall’estero come il nostro, esposto al clima politico mondiale, deve anzitutto assicurare la sua sicurezza ed evitare aggravi di costi non richiesti dai mercati primari dell’energia. La politica non può starsene fuori, acriticamente. Anche perché le caratteristiche del nostro sistema elettrico hanno bisogno di un suo governo autorevole; mentre le aziende del Settore non possono più accrescere i loro margini lucrando soltanto sui costi comprimibili (il lavoro), privandosi dei presidi territoriali e delle competenze interne indispensabili per assicurare al Paese stabilità e garanzie di continuità del servizio essenziale.

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