Primarie dem, effetto Lega. Il Pd senza idee con Minniti diventa Salvini

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Proprio ieri su Lo Speciale abbiamo parlato della girandola di nomi che sta finalmente rimpolpando le primarie dem, fino a qualche tempo fa depresse e scarse in quanto a partecipazione. Ingrossando le fila di futuri candidati a gestire un partito sceso, dal 40% renziano, all’attuale 17,2%, secondo i recenti sondaggi.

Un partito in cerca d’autore che oggi ha parecchi (forse troppi) autori, gli uni contro gli altri armati. Prima è sceso in campo Zingaretti, col “grande originale progetto” di unire sinistra tosta e moderata, liberali progressisti, società civile, volontariato e cattolici (modello-Lazio). Una minestra riscaldata già nota da decenni: cambiando il numero degli addendi il prodotto non cambia.

Poi, è stata la volta di Richetti e Boccia. Il primo, famoso per essere “il ventriloquo di Renzi, non sempre in linea con Renzi”; il secondo, famoso per godere di una maggiore autonomia e cercare un’interlocuzione anche con i grillini. Ma il loro progetto non si discosta molto da quello del governatore del Lazio.

Poi, è arrivato Calenda, neo-acquisto dem, che si è subito distinto per buttare a mare il partito, nel nome e nel segno di un “fronte repubblicano oltre il Pd”, allargato. A chi? Alla società civile, ai liberali? Se non è zuppa è pan bagnato: un Ulivo2.0, sostanzialmente uguale agli altri tre progetti di “nuova sinistra”. E chi ha candidato Calenda, a guidare questo fronte neo-post-ulivista? Gentiloni, il sosia di Prodi.

E dulcis in fundo, proprio nelle ultime ore c’è stato il manifesto dei sindaci dem (Dario Nardella, Antonio De Caro, Matteo Ricci, Giorgio Gori e Giuseppe Falcomatà), che hanno proposto Marco Minniti, 62 anni, ministro dell’Interno, nel governo guidato da Gentiloni.

“Una candidatura forte – come hanno sostenuto i sindaci – autorevole contro l’incompetenza del governo gialloverde”.

E se Gentiloni sponsorizzato da Calenda è l’imitazione di Prodi, Minniti inesorabilmente è l’imitazione di Salvini (come da sua politica contro l’immigrazione clandestina, ritenuta troppo leghista).

E qualcuno nella sede di Largo del Nazareno è saltato giù dalla sedia: con Minniti a capo dem, il “modello-Riace”, finisce nel macero.

Questa alternanza di figure copiate dal passato o alter-ego degli avversari, dimostra tutta la debolezza attuale e il vuoto valoriale e politico del Pd, non più laburista, non più social-democratico, non più riformista, non più clintoniano, non più liberal-progressista, non più partito della nazione, non più macroniano.

E attenzione alla nemesi politica: se l’obiettivo è resuscitare l’Ulivo, il passato non torna. E se l’obiettivo è copiare la Lega, la gente alle imitazioni preferisce sempre l’originale

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