Cosa accadrà al governo Conte? Il 7 gennaio sarà la data campale, cruciale, ultima, per la sopravvivenza di un esecutivo che è nato all’insegna del poltronismo, della conservazione e dello spauracchio anti-Salvini.
Innanzitutto, c’è da dire, che sono cadute nel vuoto le parole del capo dello Stato, Sergio Mattarella. Nel suo concitato appello di Capodanno, ha ammesso i ritardi e gli errori della gestione politico-sanitaria della pandemia (si legga Regime-Covid), ma ha tentato di salvare capra e cavoli. Capra governativa e cavoli istituzionali. Ha detto esplicitamente che “nessuno deve agire per interessi personali” (monito sia a Conte sia a Renzi), e che il 2021 sarà l’anno della ripartenza economica. Tradotto: i Dpcm e relativi decreti, non hanno consentito il “ristoro” a tanti italiani, a tante famiglie, a tante categorie, in primis, ai non-garantiti.
Poi, come noto, ci saranno gli effetti di una manovra basata su mancette e bonus (vedremo le reazioni della Ue), i progetti del Recovery da scrivere e varare, altrimenti addio soldi di Bruxelles, le elezioni amministrative (importanti quelle romane), e l’inizio del semestre bianco, periodo in cui non si potranno scogliere le Camere. E Mattarella su l’ipotesi di una sua rielezione “schema-Napolitano”, è stato netto: “Questo sarà il mio ultimo anno”.
Perché questa premessa sul non-scioglimento delle Camere? Perché è il perimetro entro cui si stanno disputando al momento, le varie partite: di Salvini, della Meloni, di Zingaretti, Renzi e Conte.
Il 7 gennaio Renzi e Conte non potranno perdere; dovranno fingere di vincere. Nessuno dei due potrà tirarsi indietro. Se lo fa il capo di Italia-viva, si rovina definitivamente, uscendo dalla scena politica con le ossa rotte, condannando il suo nuovo partito a restare al 3% dei consensi. Quindi, qualcosa dovrà ottenere: partecipare alla stesura dei progetti del Recovery, entrare nella famosa squadra dei manager impostata dal premier, decidere sugli 007, la Tav, la riforma della giustizia etc.
Conte, dal canto suo, dovrà cedere su qualche punto (facendo finta di vincere): ad esempio, sui tre vice premier (Zingaretti, Renzi e Di Maio?). Ma se le cose dovessero mettersi di traverso, la fune si romperà. E allora si assisterà a una nuova drammatica conta in Aula. Ci saranno, si troveranno, i responsabili? A sembrare dalle dichiarazioni delle ultime ore, no. Nessun membro dell’Udc, nessun forzista deluso, nessun esponente del gruppo misto, è uscito allo scoperto. Cesa, è stato lapidario. Come Toti col suo Cambiamo.
E sorprende il silenzio-assenso del Pd. Zanda, per la prima volta, ha puntato l’indice sulle cose che non vanno. Senza essere smentito dai suoi.
E se Conte cade, Renzi ritirerà la sua delegazione a Palazzo Chigi (la Bellanova, la Bonetti), anche se possiamo pure aspettarci sorprese in extremis, una cosa è certa: non si andrà al voto. Malgrado i desiderata della Meloni che sta lavorando a una mozione di sfiducia anti-Conte, sembra prevalere la strategia di Berlusconi e Salvini: un cambio di maggioranza interno al Parlamento, centro-destra, più irregolari-volenterosi, oppure un governo tecnico del presidente, “modello-Monti”, che porti al voto, gestendo gli ultimi anni di legislatura.
E Renzi? Additato come responsabile-irresponsabile della crisi (pagherà comunque pegno), dovrà scegliere: supportare un nuovo governo di centro-sinistra (impedendo il disegno speculare del centro-destra), verosimilmente con Franceschini premier, o fare da sponda a Salvini.
E Conte? Tramontata l’ipotesi di una sua lista personale (usata come deterrente per evitare eccessive pressioni da parte dei giallorossi), per questo i suoi rapporti con Casalino sono ai minimi storici (l’idea era del portavoce), dovrà rassegnarsi a capeggiare i nuovi grillini, o stare dentro una sorta di Margherita, per ricomporre il centrosinistra, tipo Ulivo2.0. Ma questi sono scenari futuri.
Ne avrà la stoffa? A giudicare dall’ambizione fin qui dimostrata e dalle sue indubbie capacità camaleontiche (da avvocato del popolo nel primo governo gialloverde, a padre del nuovo umanesimo riformista), sì. Anche se un blasonato “informato dei fatti”, come Bisignani, afferma il contrario: per lui, era e resta un “maschio-beta”. Ha sempre bisogno, in privato e in pubblico, di un “maschio alfa”. E chi sarà il maschio alfa del 2021?