Sul Mes va in scena il teatrino del “cattivone” Giorgetti

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Ci è voluto qualche mese perché emergesse ma Giorgia Meloni si trova di fronte finalmente un formidabile avversario, di quelli che fanno tremare i polsi. No, siamo seri, non parliamo di Elly Schlein, né del suo recalcitrante alleato Giuseppe Conte. In questo momento la vera opposizione alla premier la fa il suo ministro più importante, il leghista Giancarlo Giorgetti. Il numero uno dell’Economia ha infatti deciso di intraprendere un clamoroso confronto sul Mes, il Meccanismo europeo di stabilità che la leader di FdI aveva promesso non avrebbe mai approvato se fosse diventata capo del governo.

Lo strappo è avvenuto mercoledì, quando Giorgetti ha diffuso alla Commissione esteri della Camera una lettera con la quale spiega perché la ratifica del Mes sarebbe una buona idea per l’Italia, anche perché, come spiegato nei giorni scorsi dal capo di gabinetto Stefano Varone, oltre a non discenderne «nuovi o maggiori oneri» si otterrebbe una riduzione del costo di finanziamento del nostro debito pubblico, perché l’approvazione verrebbe interpretata dai mercati come «un segnale di rafforzamento della coesione europea».

Una decisione forte, che smentisce in maniera clamorosa le parole che l’inquilina di Palazzo Chigi aveva pronunciato qualche giorno fa, ospite nella masseria pugliese di Bruno Vespa: il Mes non va ratificato, aveva detto finché «non si sa cosa prevede il nuovo Patto di stabilità e crescita».

Quello che non è chiaro è lo scopo della condotta di Giorgetti: secondo alcune fonti il ministro non ha grandi speranze sulla ratifica, il suo gesto servirebbe solamente a mostrare ai suoi colleghi europei che non è lui a bloccare il dossier; in effetti la scorsa settimana al consiglio d’amministrazione del Mes avrebbe detto che in Italia non esiste una maggioranza in Parlamento per ratificare il meccanismo, lasciando intendere che non c’è da fare affidamento neanche sui pezzi “responsabili” dell’opposizione, neppure sul Pd.

Pd che ovviamente non ha perso occasione di evidenziare, una volta tanto, le crepe nella maggioranza: la segretaria Elly Schlein ha parlato di “maggioranza nel caos, con il ministero dell’Economia che sconfessa la propaganda del governo”.

Ma forse, se di caos si parla, è un caos programmato. Fino a pochi giorni fa l’intesa tra la Meloni e Giorgetti era pressoché perfetta, ed è difficile immaginare che i due siano arrivati allo scontro vero su un tema ampiamente calendarizzato. Dato che l’Italia di fatto non può non ratificare il Mes, in quanto se non lo fa il fondo non può entrare in funzione per nessuno, impedendo a tutti gli Stati di accedere ai suoi servizi, è possibile che quello in atto sia un gioco delle parti, nel quale Giorgetti si è adattato a fare la parte del cattivo. Un sistema per guadagnare tempo, magari rinviare la ratifica alla fine dell’estate coinvolgendo anche parte delle opposizioni, come Pd e Italia Viva, che sono a favore dello strumento. L’obiettivo sarà dare l’impressione di averlo dovuto approvare perché costretti dalla Ue e di averlo fatto in cambio di qualcosa.

Ma non c’è dubbio che alla fine lo strumento sarà approvato. L’Italia non è nella condizione, appesa com’è ai miliardi del Pnrr, per lanciarsi in una crociata solitaria contro Bruxelles. Tanto più che pure gli alleati storici della Meloni, compresa l’Ungheria di Orban, hanno tranquillamente votato a favore del fondo.

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