Governo alla prova. Affrontare o respingere le trappole del Mes (uguali al Recovery)

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Nell’ennesima trasmissione-tribunale del popolo nei confronti del governo, anche sul Mes abbiamo assistito alle solite domande-trappola; quesiti da giudizio morale di sinistra che già nella loro formulazione sono commenti, mere interpretazioni ideologiche, costruite unicamente sul pregiudizio e sull’invidia (la sconfitta del 25 settembre).

Ed era, come è sempre, assai triste vedere l’ossessivo, rituale gioco delle parti, con i conduttori e i commentatori del codazzo del pensiero unico, bacchettare con perfidia e supponenza gli esponenti del centro-destra, chiamati a difendersi da una sentenza già scritta a priori. Ed è altrettanto triste, però, notare come i secondi non sappiamo difendersi bene o replichino in modo livoroso, facendo il gioco dei censori.

Nel caso di specie, l’europarlamentare Nicola Procaccini, incalzato dallo studio sul Mes. Barcollava tra le sue posizioni personali e quelle possibili, mutevoli del partito o della coalizione, nel timore di essere smentito o rimproverato dai vertici, qualora avesse esposto tesi troppo poco pragmatiche.

Apriti cielo, Fdi e Lega, in passato hanno osato essere contrari al Mes; hanno smentito il mito del “ce lo chiede l’Europa”, un’istituzione che, tra l’altro, ha perso ogni credibilità e autorevolezza, specialmente dopo la vicenda del Qatar-gate e lo spettacolo dei relativi lobbisti; autentica punta dell’iceberg di una strutturale eterodirezione continentale, che ha prodotto finora effetti nefasti sulle economie dei popoli-membri.
Che farà ora la Meloni? Continuerà nel vecchio solco anti-Mes o in coerenza con la sua linea a metà strada tra sovranismo e pragmatismo, muterà atteggiamento?

Giorgetti, sembra avere una posizione tutta sua, già espressa nel governo Draghi. Prevarrà la sua posizione filo-Bruxelles?
Al momento noi siamo l’unico paese a non aver ratificato il trattato (detto anche Fondo Salva-Stati, esteso alla materia sanitaria dopo la pandemia). Diciamo subito che un trattato non si può modificare, la strada indicata da qualcuno (pure dallo stesso ministro). Se non si ratifica si blocca la sua operatività, la sua applicazione. Un percorso che obbligherebbe gli Stati che lo hanno firmato (la Germania è l’ultima che si è accodata) a riscriverlo, allungando a dismisura i tempi.

Ma al di là del fumo negli occhi dei soldi, il dibattito vero, più che lo scontro tra europeisti e nazionalisti, è sulle condizioni dei finanziamenti: le famose tecnicalità. Cioè, la riforma del debito sovrano, l’accettazione di regole-capestro, che servono solo ad allinearsi e a vincolarsi in modo più stringente al modello rigorista della Ue, che dopo la solidarietà al tempo del Covid, è tornata a manifestare la sua vera faccia. E con la minaccia della presidente della Bce Christine Lagarde, che ha sollecitato l’Italia a genuflettersi al dio-Mes, annunciando l’aumento dei tassi di interesse di mezzo punto, non c’è da aspettarsi niente di buono.

Cosa doveva rispondere Procaccini? Che il tema vero è la costruzione della società futura. Non si possono non collegare i preamboli che sono alla base delle “gentili” concessioni della Ue: sia il Recovery (oltre l’inganno dei fondi a prestito e i pochi a fondo perduto), sia il Mes, disegnano il medesmo progetto. Organico ideologicamente a Bruxelles (modello unico economico, politico e culturale). La premessa per i soldi, guarda caso, sono le riforme della pubblica amministrazione, della giustizia (per il Recovery) e la riforma del debito (il Mes). Si legga uniformità a Bruxelles. E poi intelligenza artificiale, Green economy, digitalizzazione globale, ai primi posti, e sanità solo in coda.
E’ ovvio che l’oggetto sia la modernizzazione liberista, laicista, tecnocratica. Una sorta di mix tra il Grande Fratello e la Cina.

Siamo d’accordo col progetto? La destra condivide lo scenario? E se no, quale società futura propone?
Non si può stare in Italia con i commercianti, le partite-Iva, i ristoratori, i negozianti, le piccole e medie imprese e le famiglie, se poi vengono stimati personaggi del calibro di Cingolani o Colao, simboli proprio di questo futuro.

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