Italia vs Francia, Francia vs Italia. Dietro la nuova-antica guerra tra i due cugini-serpenti-coltelli, c’è un’ipocrisia e un’incapacità di capire la realtà attuale europea e non solo.
E’ inutile negarlo: i due Stati, i due governi, parlano lingue diverse e assumono comportamenti opposti. La medesima differenza che c’è tra la Rivoluzione francese e Napoleone III.
Quello che non è ammissibile, è fare politica, e la peggiore, dietro una falsa patina di correttezza istituzionale. Pretendendo che il mondo accetti schemi a senso unico.
Non è qui la sede per ricordare le colpe reciproche tra paesi che non si sono mai amati: dalla pugnalata alla schiena di Mussolini, fino alla lebbra con cui Macron ha etichettato il populismo europeo e, guarda caso, il primo governo dichiaratamente populista, quello italiano; passando per gli sconfinamenti delle frontiere nazionali ad opera della Gendarmeria francese, e la chiusura delle frontiere di Ventimiglia. Per non parlare, poi, delle responsabilità francesi in Africa (il franco Cfa), all’origine della povertà e della migrazione verso i nostri porti.
Da un lato (gli ultimi ruggiti), c’è il ministro degli Interni francese, Christophe Castaner, che apre al dialogo con Salvini, ma ricorda la prassi obbligata, etica ovviamente dettata dai francesi: “Il rapporto deve essere rispettoso”. Un Salvini che, lesa maestà, aveva chiesto alla Francia di riaprire i dossier sui terroristi rossi, ospitati in virtù della dottrina Mitterrand e aveva chiarito che non si sarebbe mai fatto convocare dai francesi.
E dall’altro, lo stesso Macron che fissa la linea della riconciliazione con l’Italia, confermando la sua doppiezza: “Vedo che anche in Italia c’è un dibattito, ad esempio, nell’opposizione di destra vicina alla Lega come Forza Italia, nei media e nell’opinione pubblica”. Come dire, chiedo correttezza diplomatica, ma parlo con Fi e (come ha ribadito qualche giorno dopo), soltanto con Conte, non con i due Dioscuri (l’intento di dividere la squadra tricolore è chiaro).
Finita nel macero, pertanto, la superiorità morale dei francesi: adesso Macron non ha più titoli per lamentarsi. Traduciamo per i giornalisti e intellettuali italiani molto critici con Palazzo Chigi, le sue dichiarazioni. Pure lui ha evocato forze politiche (Fi), criticando le istituzioni italiane (i ministri). E, ricordiamolo, subito dopo il 4 marzo, ha incontrato Renzi, non più uomo di Stato, ma semplice politico, in barba all’appena costituito esecutivo Conte.
Nessuno scandalo, quindi, se Di Maio e soci hanno incontrato i gilet gialli, e se con loro sperano di costituire una lista per le europee.
E poi c’è un’altra considerazione, che va al di là dell’ipocrisia. Si tratta dei nuovi valori che il vecchio ceto non intende comprendere, né metabolizzare.
Il populismo mediatico e il populismo politico obbligano ad un nuovo sistema relazionale dentro gli Stati e tra Stati. Di fronte al quale, richiamare i vecchi format, la diplomazia classica, non ha alcun senso. E’ da Ottocento. La categoria “alto-basso” (popoli contro caste), di cui 5Stelle e Lega sono parte integrante, sta imponendo una ridefinizione dei rapporti a 360 gradi.
I parlamentari grillini, ad esempio, non sono caste perché al governo, si considerano cittadini che si autorappresentano dentro le istituzioni (la democrazia diretta, la rete sovrana). E da cittadini ancora si comportano. E da cittadini parlano con movimenti affini: come i gilet gialli. Non sconfinano, non tradiscono il loro status. Viceversa, ritengono Macron la casta, e con lui non parlano. E in ciò sono coerenti. Questo è il salto di qualità della politica 2.0. Forse alla base delle incomprensioni tra una nuova Italia e una vecchia Francia.