La prima legge finanziaria del governo Meloni è in dirittura d’arrivo.
La Commissione bilancio della Camera ha infatti concluso l’esame degli emendamenti e ha affidato ai relatori Silvana Comaroli (Lega), Roberto Pella (FI) e Paolo Trancassini (FdI) l’incarico di riferire in Aula già domani mattina. Sembra scontato il ricorso al voto di fiducia che si dovrebbe tenere venerdì in tarda mattinata. Il testo passerà poi in seconda lettura al Senato che dovrebbe concludere l’esame nella settimana tra Natale e Capodanno.
Non è stato certo un percorso facile per la neo premier, che si è trovata sin dal primo giorno del suo insediamento a dover mettere mano alla manovra, situazione decisamente inedita, come inedito del resto è stato il voto il 25 settembre, che ha portato il governo ad insediarsi ad ottobre inoltrato e a ridosso della fine dell’anno.
Sembra dunque scongiurato il ricorso all’esercizio provvisorio destinato a scattare il primo gennaio in caso di mancata approvazione del bilancio. Uno spettro che negli ultimi giorni è spesso aleggiato di fronte al muro contro muro all’interno della maggioranza sugli emendamenti, con ripetuti rinvii e discussioni che hanno allungato i tempi di approvazione, con le festività natalizie ormai alle porte.
La manovra mette in campo provvedimenti per 35 miliardi di euro, di cui 21 sono destinati alle misure per la mitigazione dell’aumento del costo dell’energia, provocato dalle drammatiche conseguenze della guerra in Ucraina.
E’ stato molto tortuoso il percorso della legge di bilancio e lo si è visto dai contenuti ripetutamente aggiornati. La Meloni si è trovata a dover fronteggiare contemporaneamente tre esigenze, purtroppo per lei non facilmente coincidenti: garantire una certa continuità con il governo Draghi, mediare fra le spinte identitarie della sua coalizione e le richieste di Bruxelles.
Alla fine dall’Europa è arrivato un sostanziale via libera al testo seppur con alcune sottolineature e richiami, ma comunque il risultato che la Meloni si era prefissata è stato raggiunto: non andare allo scontro con la Commissione europea ed inaugurare la legislatura con una bocciatura delle previsioni di spesa.
Alla fine per accontentare Bruxelles sono stati decisi degli aggiustamenti in extremis che, per quanto non dirompenti, hanno comunque messo in evidenza la necessità di un bilancio equilibrato, in linea con i programmi della maggioranza ma chiaramente ancorato ai diktat europei.
VIA LA NORMA SUL POS
Così per esempio la norma sul pos è stata definitivamente eliminata dopo settimane di accese discussioni. Non sarà introdotto il tetto dei 60 euro al di sotto del quale era consentito ai commercianti di poter rifiutare i pagamenti elettronici. Dovranno invece continuare ad accettarli come avvenuto fino ad oggi, rischiando delle sanzioni in caso di rifiuto. La decisione di introduure un tetto al pos era stata fortemente criticata da Bruxelles.
RITIRATO LO SCUDO PENALE
Non c’è inoltre l’annunciato scudo penale per i reati fiscali dopo che un emendamento sembrava voler includere nel beneficio, oltre alle errate dichiarazioni e ai mancati pagamenti dopo aver presentato il 730, anche le omesse dichiarazioni. L’emendamento alla fine è stato ritirato, anche perché è stato ritenuto più idoneo discutere l’argomento al di fuori della manovra.
REDDITO DI CITTADINANZA
E’ arrivata la stretta annunciata dal governo. Non potranno riceverlo i giovani di età compresa tra 18 e 29 anni che non hanno completato le scuole dell’obbligo, se non si iscriveranno a percorsi formativi o comunque funzionali all’adempimento dell’obbligo scolastico. Il reddito inoltre si perderà anche rinunciando ad una sola offerta di lavoro, facendo venire meno i requisiti di congruità fra domanda ed offerta fino ad oggi in vigore. Infatti prima il beneficio si perdeva rinunciando alla prima offerta congrua collegata al titolo di studio o alla distanza dal luogo di lavoro, mentre adesso sarà obbligatorio accettare la prima offerta utile.
LE NOVITA’ INSERITE CON GLI EMENDAMENTI
Cambia la norma che rivede per il 2023 e 2024 la rivalutazione automatica delle pensioni: sale dall’80 all’85% la rivalutazione per gli assegni tra 4 e 5 volte il minimo (circa 2.000-2.500 euro), mentre per le pensioni più alte gli scaglioni vengono rivisti con una riduzione della percentuale. L’indicizzazione passa dal 55% al 53% per le pensioni tra 5 a 6 volte il minimo; da 50% a 47% tra 6 e 8 volte il minimo da 40% a 37% da 8 a 10 volte il minimo e da 35% a 32% negli assegni oltre 10 volte il minimo (oltre 5.000 euro).
Il taglio del cuneo fiscale al 3% è stato esteso ai redditi fino a 25mila euro. Presentando la legge di Bilancio il governo di Giorgia Meloni aveva annunciato la proroga dell’abbassamento di due punti percentuali del cuneo fiscale per i redditi fino a 35mila euro, aggiungendo uno sconto di un ulteriore punto percentuale per quelli al di sotto dei 20mila euro. Quindi il taglio del cuneo fiscale sarà del 3% sotto i 25mila euro e del 2% per i redditi tra i 25 e i 35mila euro.
Confermata invece la norma sull’innalzamento delle pensioni minime che, soltanto per il 2023, consentirà a chi ha più di 75 anni di percepire un assegno non inferiore a 600 euro; mentre per quanto riguarda Opzione Donna resta per il 2023 la possibilità dell’anticipo pensionistico con un’età di 60 anni, che può essere ridotta di un anno per ogni figlio e nel limite massimo di 2 anni, ma limitatamente a tre categorie specifiche di lavoratrici. Si tratta delle caregiver, le invalide almeno al 74% e le licenziate o dipendenti di aziende con tavolo di crisi aperto.
Per quanto riguarda il superbonus 110% arriva la proroga fino al 31 dicembre 2022 dei termini per presentare la Comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila) da parte dei condomini. Le delibere assembleari che hanno approvato l’esecuzione dei lavori devono risultare approvate entro il 18 novembre, data antecedente l’entrata in vigore del decreto aiuti quater.
Novità anche per ciò che concerne il congedo parentale che sale dal 30 all’80% e potrà essere usato anche dai papà. Il congedo può essere usato “in alternativa tra i genitori per la durata massima di un mese fino al sesto anno di vita del bambino”.
Torna anche la possibilità di rinegoziare il mutuo passando dal tasso variabile al tasso fisso. La richiesta potrà essere avanzata su mutui ipotecari in origine non superiori a 200mila euro e per chi ha un’Isee, al momento della richiesta, non superiore a 35mila euro e che non abbia avuto ritardi nei pagamenti delle rate.
La cancellazione automatica delle cartelle sotto i 1.000 euro non varrà per le multe e tasse locali. A parte gli interessi, che saranno comunque cancellati, saranno gli stessi enti locali a decidere se procedere alla cancellazione o meno dell’imposta dovuta.
Arriva il tetto agli stipendi per i manager delle banche salvate con l’intervento dello Stato. Lo prevede un emendamento dei relatori alla manovra approvato dalla commissione Bilancio della Camera, che stabilisce che il trattamento economico annuo per gli incarichi conferiti dal primo gennaio 2023 non possa superare quello del primo presidente della Corte di Cassazione, fissato in 240mila euro annui.
Il bonus mobili verrà prorogato ma non a 5.000 euro, come già previsto, ma a 8.000, riducendo quindi il taglio rispetto ai 10.000 euro di quest’anno. Un emendamento prevede infatti che per gli anni 2023 e 2024 l’ammontare per l’acquisto di mobili, ma anche grandi elettrodomestici green, in caso di interventi di ristrutturazione della casa sul quale si può chiedere una detrazione del 50% delle spese salga dai 5mila a 8mila euro.
Per i diciottenni sono previste due nuove card, cumulabili, che assegnano 500 euro per i consumi culturali, una per coloro che hanno un Isee familiare fino a 35mila euro ed una per gli studenti che si diplomano con il massimo dei voti alle scuole superiori. La misura e’ finanziata fino ad un massimo di 190 milioni di euro annui.
RICADUTE POLITICHE
Come detto il percorso è stato piuttosto travagliato e ieri si è rasentata la rottura fra il governo e i partiti della maggioranza, con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che è arrivato a minacciare informalmente i leader politici di portare in Aula il testo approvato dal Consiglio dei Ministri e senza le modifiche discusse negli ultimi giorni. Alla fine l’accordo è arrivato ma per evitare imboscate si è reso necessario il ricorso alla fiducia.
Certo è che, se il buongiorno si vede dal mattino, la Meloni dovrà affrontare ben altri scogli da qui in poi. Sembrano confermarlo anche le dichiarazioni di Silvio Berlusconi al Corriere della Sera. “La manovra è un primo passo, ma per rilanciare il Paese servono le riforme strutturali, sulle quali Forza Italia si batterà, senza fare sconti e considerandosi ancora l’asse centrale della coalizione. Auspico si aggiusti la rotta con una maggiore condivisione a monte per il futuro”. Un chiaro messaggio indirizzato alla premier, accusata di scarsa collegialità nelle decisioni.
Effettivamente la Meloni in questa partita della manovra è apparsa fortemente decisionista, a tratti anche drastica, minacciando nelle ultime settimane di presentarsi in Aula anche senza accordo di maggioranza e obbligando quindi il Parlamento ad assumersi le proprie responsabilità di fronte al Paese. Lo ha fatto per frenare le rivendicazioni dei partiti della sua maggioranza, Lega e Forza Italia in primis, decisi a portare a casa il maggior numero di risultati in termini elettorali e creando seri problemi al governo, soprattutto nel rapporto con le istituzioni europee per ciò che concerneva principalmente il tema delle pensioni, della tregua fiscale e dell’utilizzo del contante.
Alla fine la Meloni ha tenuto duro e ha ottenuto per questo il consenso in Europa, dove arrivava già con forti pregiudizi legati alla sua cultura politica e ad un certo euroscetticismo dimostrato in passato.
Ha ottenuto ciò che voleva, ma adesso dovrà affrontare l’ultimo metro che la separa dal traguardo. Portare a casa la legge di Bilancio entro il 31 dicembre e poi trovare con la sua maggioranza una tregua tale da impedire che su ogni questione possa scatenarsi in futuro il “Vietnam” parlamentare.